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L'antiberlusconismo è la linfa dei giornali

Silvio Berlusconi

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L'antiberlusconismo è diventato contagioso. Sta assumendo le fattezze di una pandemia. Il vaccino della ragione si rivela inefficace. Perfino in soggetti che mai avremmo immaginato permeabili a simile patologia. Come Roberto Saviano. Ce ne dispiace sinceramente. Indipendentemente dalle sue qualità di scrittore, è certamente un uomo coraggioso, ammirevole per la sua battaglia contro il crimine organizzato. Ma la stima per l'uomo non ci impedisce di chiedergli quando mai si è sentito minacciato dal potere politico nell'esprimere il suo pensiero. E se la Mondadori, la sua casa editrice, legata a Berlusconi, gli ha mai posto come condizione per pubblicare i suoi libri di astenersi dal dichiarare i propri convincimenti politici o di non collaborare a giornali apertamente ostili al premier. Non è mai accaduto. E allora perché quegli accenti funerei su Repubblica e su altri quotidiani europei, oltre che nel discorso alla manifestazione romana, sui pericoli che correrebbe la libertà di stampa in Italia? Con onestà Saviano ammette di aver avuto «molta solidarietà da persone del centrodestra», ma non si sa spiegare perché queste stesse persone che evidentemente non disprezza avendogli «testimoniato di riconoscersi in uno Stato fondato su alcuni principi fondamentali», come possano tollerare che il presidente del Consiglio non risponda alle domande di Repubblica. E perché non s'indignino per aver querelato lo stesso giornale ritenendo la campagna di questi lesiva della sua onorabilità. Saviano sa bene che nessuno ha l'obbligo di dare risposte a quesiti formulati in forme tutt'altro che "innocenti".   E sa anche che la difesa attivata da Berlusconi è un diritto costituzionalmente garantito che egli esercita come cittadino e non come capo del Governo, alla stessa stregua di centinaia di politici e sindacalisti che si sono regolati come lui nel tutelarsi davanti ai tribunali. Si può essere, come lo scrittore, di avviso contrario naturalmente, ma non è abbastanza per sostenere che l'informazione rischia di essere imbavagliata. E neppure che nel nostro Paese si è davanti ad «un potere ricattabile e ricattatore, un potere che si serve dell'intimidazione».   Non ci siamo. Ci dispiace, ma Saviano poteva fare di meglio in questa occasione. Purtroppo dimostra, con la posizione assunta, di aver ragione quando afferma: «Il paese sta diventando cattivo». È incontestabile. Siamo al centro di un'ordalia quotidiana dalla quale non si intravede via d'uscita. Una specie di "Gomorra" politica che spaventa per la violenza che vi si pratica. Incattiviti al punto di non trovare un minimo di coesione civile quando il destino si accanisce sulle popolazioni abruzzesi; quando terroristi accecati dall'odio e dal fanatismo massacrano i nostri soldati in lande lontane; quando l'incuria e l'ingordigia di pochi uccidono e devastano come a Messina con la complicità di un clima impazzito. Sì, l'Italia si è incattivita. Ed una parte di essa ha trovato nel leader di una coalizione che ha vinto democraticamente le elezioni il soggetto su cui esercitare una costante attività denigratoria, come se ne fosse ossessionata. Addirittura un giornale intero viene quotidianamente confezionato per demolirlo. È Il Fatto. E pubblica un solo fatto: Berlusconi, appunto, nel quale si concentrerebbero tutti i possibili misfatti. Prendete l'edizione di ieri. Su venti pagine, escluse quelle occupate dalla pubblicità, in ben dodici si parla di lui a vario titolo, comprese quelle degli spettacoli e delle lettere dei lettori. Un'avversione che potremmo definire "teologica" finalizzata alla costruzione del "nemico assoluto".   L'antiberlusconismo è, dunque, la ragione sociale di un'impresa editoriale, la motivazione che ha mobilitato giornalisti (tra i quali qualcuno che ha lavorato nei giornali del Cavaliere senza mai essere censurato), piccoli azionisti, lettori-abbonati: un fenomeno davvero singolare. Ma l'antiberlusconismo militante è anche la "macchina" che tiene in vita artificialmente la sinistra in coma ed il dipietrismo sull'orlo di una crisi di nervi. Che cosa ne sarà de Il Fatto quando Berlusconi si ritirerà dalla scena politica? E degli oppositori privi del nemico principale? Anzi dell'unico nemico?  

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