Questa maggioranza è un colabrodo
"Silvio, manda a casa i fannulloni"
E questa si può chiamare una maggioranza? Lo spettacolo penoso andato ieri in scena alla Camera dovrebbe far riflettere. I vertici del Pdl. Ma anche e soprattutto i peones che sono mancati nella seduta di ieri mattina in cui si votava lo scudo fiscale. Cioè non il provvedimento pizza e fichi, non la legge marchetta per qualche aiutino in qualche collegio elettorale. Ma uno dei provvedimenti cardine della strategia anti-crisi economica, contestato fortemente da parte dell'opposizione e sotto la lente d'ingrandimento del presidente della Repubblica. Da lunedì era chiaro che l'Aula si sarebbe riunita fino a giovedì, tradizionalmente ultima data utile per le votazioni. Così venerdì mattina c'è già chi ha preso l'aereo ed è tornato a casa, chi sta a fare shopping. C'è naturalmente anche chi è malato, chi è mamma da poco e ha dovuto portare il figlio a una visita medica, c'è chi ha dovuto partecipare a un funerale. Le generalizzazioni non mancano mai. Ma un problema c'è se il centrodestra, che sulla carta alla Camera può contare su 338 voti, alla prima votazione della mattina va sotto. Di un solo voto, sia chiaro. Ma perché per il centrodestra ci sono appena 226 esponenti, ben 112 erano assenti? Per oltre un'ora la maggioranza ce la fa e sempre e soltanto per un pelo. Quattro voti di vantaggio, tre, cinque, sei, sette. Parità. Accade alla settima votazione. Scatta l'allarme. Mancano alcuni big. Il candidato al coordinamento regionale Abelli, l'editore di Libero Angelucci (che però parteciperà al voto finale), la fedelissima del premier Valentina Aprea. Non c'è l'attore-produttore Luca Barbareschi, il prossimo candidato in Liguria Biasotti, l'uomo di Alemanno Biava, i due rappresentanti dei Circoli brambilliani Di Caterina e Nicolucci, l'ex campionessa Di Centa, il re della pasta Divella che già nella scorsa legislatura al Senato aveva salvato il governo Prodi perché impegnato in un incontro di lavoro a Zurigo. Non c'è l'avvocato del Cavaliere Ghedini, l'assessore romano Leo, la berluschina Mannucci, il finiano Laboccetta. Mancano anche deputati romani come Rampelli e Piso, che però arriveranno più tardi. Non c'è e non si vede la compagna di Bondi, Repetti, l'ex capo della Croce Rossa Scelli. Niente Aula neanche per Lucio Stanca, che ora si occupa anche di Expo 2015. E non si vede neanche Antonello Iannarilli, ras pidiellino a Frosinone. Non è presente neanche Giulia Bongiorno, che è anche presidente della commissione Giustizia. Dal gruppo del Pdl vengono inviati sms a tutti gli assenti. Primo messaggio, secondo messaggio con tono minatorio. Una mano involontariamente la dà l'Italia dei Valori, che mettendosi a dare del mafioso a Berlusconi costringe la presidenza di turno a sospendere la seduta. Partono le telefonate. In Aula il clima si riscalda, i dipietristi fanno casino, lanciano qualunque tipo di insulti e di offesa. Anche Marco Milanese, fedelisimo di Tremonti, perde la pazienza e all'ennesimo intervento dell'opposizione, sbotta verso il collega: «Leggiti la legge, non la conosci nemmeno». Il viceministro Urso, che doveva essere a un incontro in Sicilia, batte i piedi impaziente, sfoglia il giornale e conta. Arrivano di corsa i ministri da Palazzo Chigi. Per prima Giorgia Meloni, poi La Russa, Frattini, Alfano, Mara Carfagna. Poi dopo Mariastella Gelmini. Alla nona votazione la maggiorazna prende una buona raffica di vento nelle vele e sale a +6 voti, poi cinque. Anche il centrosinistra corre ai ripari e con una strambata richiama un po' dei suoi, la contromossa funziona e si riporta a meno due. Arrivano anche alcuni sottosegretari come Antonio Buonfiglio. La maggioranza supera soglia 250 presenze alla dodicesima votazione, sale ancora alla ventiduesima a quota 256 e poi prende il largo in modo irrecuperabile per l'opposizione. Alla ventisettesima votazione la differenza è di quindici punti, poi 17, 18. In totale su 15 votazioni lo scarto è stato tra i due e i cinque voti. Alla fine lo scudo passa (al voto finale risulta assente anche uno dei big del Pdl, Denis Verdini). Con venti voti di maggioranza. Resta che il Pdl è il partito più assenteista in Aula, con l'11,52%, dopo l'Udc con il 16,22%. La Russa fa sapere che si prenderanno provvedimenti. Gli assenti del Pdl tutte le votazioni di ieri mattina sono 31, per loro si sta valutando un richiamo formale.