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Fini rinuncia alla difesa del «Lodo» E Woodcock ritira la querela

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Eciò proprio a pochi giorni dell'atteso pronunciamento della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano, la legge che impedisce di processare le più alte cariche dello Stato fino alla fine del loro mandato. La vicenda giudiziaria che interessa Fini — sottolinea Giulia Bongiorno, presidente dela commissione Giustizia della Camera e avvocato dell'ex leader di An — ha soltanto una coincidenza temporale con l'attesa pronuncia della Consulta. E sin da quando venne approvato il Lodo, nel luglio del 2008, il presidente della Camera avvertì che dell'ombrello processuale non se ne sarebbe mai voluto avvalere. Ma un qualche disagio nel centrodestra questa situazione l'ha creata anche se, alla fine, l'allora Pm di Potenza che lo aveva querelato, Henry John Woodcock, ieri pomeriggio ha annunciato di rinunciarvi, colpito dal «beau geste» del presidente della Camera. «Da magistrato e da uomo dello Stato — ha detto nello spiegare la sua decisione — in questo momento ritengo doveroso rimettere una querela nei confronti di chi ha mostrato leale collaborazione tra le istituzioni e, soprattutto, fiducia nell'azione della magistratura». E quello che viene subito ribattezzato inizialmente, in ambienti parlamentari di Montecitorio, come lo «strappo» del presidente della Camera, non passa inosservato. I cosiddetti tecnici della giustizia del centrodestra, a cominciare dal deputato del Pdl e legale del premier Niccolò Ghedini, evitano ogni commento. Mentre in Transatlantico era palpabile il malumore tra i deputati della maggioranza.

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