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Augusta Montaruli, dirigente nazionale della Giovane Italia di Torino, ha rotto l'atmosfera ingessata di Annozero per gridare quello che il popolo di centrodestra pensa.

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S'èrisvegliato l'istinto ribelle. Lo stesso che sfoggia ogni giorno nell'ateneo piemontese dove fronteggia i collettivi antifascisti. «Qui ci sono solo donne che con il sesso e la mercificazione del proprio corpo pensano di poter fare carriera politica»: la sua accusa è netta. E alla provocazione di Marco Travaglio («l'avete candidata voi») replica con la sua carta d'identità: «Noi veniamo dalla militanza, dall'impegno nelle strade. Dai volantinaggi. Dalle notti insonni a produrre documenti politici...». Augusta è cresciuta nelle organizzazioni giovanili di An, come la Meloni: un cursus honorum politico costruito sull'impegno per «la follia del bene comune», per declinare ai giovani del terzo millennio una versione aggiornata del patriottismo. Di famiglia pugliese trasferita al nord, a quasi 17 anni era già attiva nel circolo torinese di Azione giovani. A 24 è assessore alla cultura di San Mauro torinese. In questi giorni ha consegnato la tesi di laurea che discuterà a fine mese. La sua idea dell'impegno pubblico è l'esatto contrario del carrierismo. «La politica? Non è mica un mestiere. Non tutti i nostri ragazzi lo fanno per andare in Parlamento». Nei giorni scorsi ha manifestato contro l'emergente usurocrazia con volantini che avevano uno slogan forte, reminiscenza poundiana: «La tua banca è indifferente. Vuole la crisi. Giovani del Pdl, mendicanti per protesta». Augusta in pochi istanti ha interrotto il coro dei moralisti. Ha ricordato alla platea travagliesca che «la giunta pugliese si è dimessa in seguito agli scandali e alle inchieste giudiziari». Ha messo in un angolo il sindaco di Bari, Michele Emiliano, ricordandogli che nel suo partito chi è inquisito non si dimette, ma «va in Parlamento come il senatore Tedesco», il cui posto è stato creato ad hoc dal Pd con l'elezione in Europa dell'ex ministro Paolo De Castro. E, proprio per non farsi mancare nulla, le ha cantate anche al conduttore, a Michele Santoro. Sì, perché ai giovani post missini, cresciuti con un misto di amore e odio per le piazze mediatiche della sinistra televisiva, da Samarcanda a Raggio Verde, l'aver abdicato culturalmente all'affrontare le emergenze politiche di questi giorni per arrovellarsi sui particolari delle notti di Palazzo Grazioli risulta più indigesto che mai. «In questo paese dove le banche negano il credito alle imprese - ha gridato Augusta - dove noi ragazzi per comprare una casa ci indebitiamo per quarant'anni, invece di parlare di futuro, parliamo tutta la sera di una escort». Ecco lo schiaffo al voyerismo della sinistra. Chapeau. Michele De Feudis

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