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Diquesto passo, e l'hanno capito anche gli esponenti più moderati della sinistra, le trasmissioni tv incriminate finiscono per santificare il premier, già assurto al rango di beato. Il problema è che tutta la vicenda Rai sta assumendo aspetti sempre più paradossali. Provare per credere: ecco qualche esempio. Mentre ieri il viceministro Romani tranquillizzava i commissari della Vigilanza sulla determinazione del governo di non avere nessuna intenzione di ingerenza nelle competenze dell'organo parlamentare di controllo, il signor Santoro, con quella faccia tosta un po' così, ha voluto alzare ancora il tono della rissa, spargendo veleni a piene mani e annunciando, per la trasmissione di stasera, la presenza in studio dell'escort D'Addario scortata non si sa da chi. Siamo davvero all'assurdo: con quale spirito i vertici Rai si preparano all'incontro «chiarificatore» con Scajola e Romani dell'8 ottobre per stendere le linee-guida del nuovo contratto di servizio che dovrebbero essere improntate a quei principi di libertà, obiettività, completezze e pluralismo dell'informazione oggi latitanti? Sì, siamo doppiamente all'assurdo. Ci troviamo di fronte a un eccesso di cattiva informazione, con lo stravolgimento dei canoni deontologici del giornalismo, mentre, pensate un po', la sinistra sta per mandare in onda una grande manifestazione a difesa (sic!) della libertà di stampa. In questo «tourbillon» di contraddizioni, si finisce davvero per smarrire tutti i parametri di giudizio, oltreché la classica bussola. Consideriamo, ad esempio, lo sciopero del canone televisivo proclamato dal «Giornale» e da «Libero» in segno di protesta contro i programmi faziosi (e, come se non bastassero i Santoro e i Fazio, ora è scesa in campo anche la Dandini che è andata a esplorare il wc del premier a Palazzo Grazioli). Tutto bene, tranne un particolare: come ha spiegato Maurizio Gasparri, l'abolizione della tassa di concessione sulla Rai, si tradurrebbe in un clamoroso «boomerang» per i quotidiani, a cominciare, atto di masochismo puro, dagli stessi Feltri e Belpietro, che non si sono resi conto di un fatto molto semplice: per sopperire al mancato gettito del canone, verrebbero aboliti gli attuali tetti agli introiti pubblicitari fissati per viale Mazzini. In altre parole, la Rai sottrarrebbe ai quotidiani fette crescenti di pubblicità, oggi appannaggio degli stessi giornali che si troverebbero, così, in uno stato pre-agonico. Al di là di tutti i discorsi connessi all'eticità di evadere le tasse, i giornali che fomentano lo sciopero del canone rischiano insomma di fare harakiri. Paradosso nel paradosso di una vicenda sempre più caotica e ingarbugliata. Giancarlo Mazzuca

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