Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

La libertà di stampa c'è Ma è meglio protestare

default_image

  • a
  • a
  • a

Troppocomplicato, inverosimile, incredibile, parlare di censura. Così cercando sul vocabolario hanno trovato un nuovo verbo: intimidire. Si sente intimidita la Dandini che prende in giro con pesanti allusioni di dubbio gusto Berlusconi. È intimidito Santoro che può organizzare con sapiente regia i suoi attacchi al governo e naturalmente al premier. Si sentono intimiditi Saviano o Tornatore che proprio di censura e di limitazione della libertà non possono parlare. Prendiamo le parole di Saviano. In Italia «la libertà di stampa c'è, ma ho firmato l'appello di Repubblica perché mi riferisco alla libertà di poter lavorare serenamente». E gli fa eco Tornatore, un altro dei firmatari di quell'appello, che dà atto a Medusa, che ha prodotto il suo film, di una tolleranza straordinaria, di non aver ricevuto pressioni, anzi di «aver goduto di totale libertà di espressione». E continua il regista: «Non posso non riconoscere che nella mia esperienza professionale ho sempre realizzato film con realtà produttive che mi hanno lasciato libero». Allora, perché quella firma all'appello? Il regista se la cava dicendo che negli ultimi tempi, nel mondo dei media italiani, ci sono elementi che mettono a dura prova la libertà di stampa. Ma è un mondo che evidentemente non conosce. Il paradosso è tutto qui. Dandini, Fazio, Tornatore, Saviano. Ognuno nel suo campo può fare e dire ciò che vuole. Talvolta nella Rai pubblica, oppure in aziende private che in qualche modo fanno riferimento alle aziende del premier. Tutti rivendicano libertà d'azione. Ma allora la censura dov'è? Sempre da un'altra parte. Una situazione paradossale, dove non solo si rivendica la libertà di criticare il governo, la maggioranza, la persona del premier e poi contemporaneamente si denunciano limitazioni, censure, attacchi. Il fatto che nessuno li vede, nessuno denuncia azioni concrete di limitazioni sembra non contare. Allora si fa riferimento a quell'intimidire che poi non sarebbe altro che la protesta di chi, attaccato, rivendica almeno il diritto di protestare. La difesa della propria dignità, la protesta contro trasmissioni faziose, la critica ai giornali schierati in un attacco che ha pochi precedenti diventa intimidazione. Andrebbe bene, a questo proposito, un vecchio detto napoletano: chiagnere e fottere. Usano tutti gli spazi di libertà, e poi lamentano censure. Un messaggio che comunque ha fatto breccia, con lo scopo di censurare, sì censurare, anche il dissenso. Insomma i cantori della sinistra vorrebbero occupare tutti gli spazi disponibili con tutte le accuse possibili contro la maggioranza scelta dagli italiani e gli attaccati non dovrebbero nemmeno poter controbattere. Così la manifestazione per una libertà di stampa, che nessuno mette a rischio, o può mettere a rischio, diventa qualcosa di diverso. La negazione della libertà. Una manifestazione per impedire il dissenso. Altrimenti gli oracoli della sinistra si sentono intimiditi. Non si offenda nessuno, ma questo atteggiamento cosa ha a che vedere con la libertà? Semmai è la sua negazione.

Dai blog