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La giustizia dei cineasti: Silvio dentro e lo stupratore Polanski libero subito

Roman Polanski

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«Indignati», «costernati» e «stupefatti per l'arresto del collega». Dopo più di trentadue anni la giustizia tenta di fare il suo corso e il mondo del grande cinema cosa fa? Solidarizza con lo stupratore e gli dimostra tutta la propria solidarietà. Sembrerebbe il copione perfetto per un film dal finale decisamente imprevedibile. E invece no. Questa è tutta realtà. Lui è il famoso regista franco-polacco Roman Polanski. Nel lontano 1977 a Los Angeles stuprò la tredicenne Samantha Geimer che lo accusò di averla drogata con champagne e una pillola di un calmante. Arrestato, Polanski fu mandato in prigione per 42 giorni. Ma, nonostante gli avvocati delle due parti giunsero a un patteggiamento che avrebbe dovuto limitare a quel mese e mezzo la pena carceraria, il giudice cambiò idea. Il regista così, spaventato decise di scappare dagli Stati Uniti e da allora non vi ha messo più piede. Questo è quanto è accaduto fino a sabato scorso quando la Svizzera, ottemperando un mandato di cattura internazionale emesso da Washington, l'ha arrestato appena il regista ha messo piede all'aeroporto di Zurigo dove avrebbe dovuto ricevere un premio alla carriera al festival Internazionale del Cinema, sono scattate le manette. Un gesto ignobile secondo tutti i suoi colleghi tanto che, mentre l'avvocato del regista ha confermato che presenterà alle autorità svizzere la richiesta di rilascio su cauzione, è iniziata una vera e propria campagna in difesa del regista. Una raccolta di firme per chiederne il rilascio. Una petizione consultabile sulla pagina web della Società degli Autori e Compositori Drammatici (Sacd) che ieri contava già 110 sottoscrizioni. Tanti firmatari tra i quali oltre a Woody Allen, David Lynch, Martin Scorsese, emergono anche gli italiani Ettore Scola, Giuseppe Tornatore, Marco Bellocchio, Paolo Sorrentino, Michele Placido, e le attrici Monica Bellucci e Asia Argento. Tutti pronti ad accusare: «È inammissibile che una manifestazione culturale internazionale, che rende omaggio a uno dei più grandi cineasti contemporanei, possa essere trasformata in una trappola poliziesca». Così, proprio chi si è sempre battuto per evitare «una giustizia umiliata» (così disse ad esempio Ettore Scola il 7 giugno 2004 ad un dibattito tenuto a Parigi dai socialisti, lanciando una dura requisitoria contro l'allora premier Berlusconi), ora si trova a condurre una campagna in difesa di uno stupratore attaccando una giustizia rea di aver fatto solamente il proprio dovere. Ma, nell'allegra compagnia di coloro che da un lato si stracciano le vesti in difesa dello "stupratore" e dall'altra si divertono a fare i giustizialisti nei confronti di Silvio Berlusconi, non c'è non c'è solo Scola. Il 18 aprile 2006, ad esempio, il regista Marco Bellocchio, all'indomani della risicata vittoria di Romano Prodi alle elezioni politiche, commenta: «In metà d'Italia comandano i morti. E quella metà è quella che ha votato per Berlusconi». Ancora più offensivo fu l'attacco di Dario Argento, padre di Asia, quando, in un'intervista al settimanale francese Vsd rilasciata il 14 marzo 2003 tuonò: «A causa di Berlusconi, gli italiani sono lo zimbello di tutti. C'è stato un vento di follia che ha spinto la gente a votare per lui». E se di vento di follia si parla allora meglio correre tutti ai ripari come ha fatto Michele Placido lo scorso 9 settembre quando si è lanciato in un appello al centrosinistra: «Si compatti al centro con Casini per fare un'alleanza contro Berlusconi». Proprio contro quel presidente del Consiglio che Giuseppe Tornatore reputa essere il capo di «un governo che non sta facendo molto per il nostro cinema che appena c'è una crisi economica azzera i finanziamenti alla cultura». E spulciando bene si capisce subito che a molti di questi piace prendere in mano una penna e sottoscrivere petizioni. Se poi queste servono a manifestare la poca stima verso il premier allora eccoli tutti pronti.   L'ultimo caso è quello del 30 agosto scorso quando, Placido, Bellocchio, Scola, Sorrentino (regista de Il Divo il film che ripercorre la vita di Andreotti e che lo stesso senatore definisce «un film malvagio») e Asia Argento assieme a moltissimi altri hanno manifestato la propria solidarietà a La Repubblica dopo che Berlusconi decise di quelerarla.

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