Un «male» necessario ma non solo italiano, dettato dalla necessità di far rientrare in patria i capitali che lasceranno i paradisi fiscali.
Sulprovvedimento, che già oggi sarà in aula alla Camera e che dovrà essere approvato entro il 3 ottobre, grazie, forse, anche ad un voto di fiducia, continua intanto a scatenarsi l'opposizione. Ma a difendere il provvedimento e le modalità scelte dall'esecutivo per il rientro, è sceso in campo anche il ministro della P.a. «Se avessimo messo un tasso al 20 o al 30% non sarebbe rientrato nessuno» perché il «nostro sistema è un colabrodo. Bisogna far capire alle persone giustamente arrabbiate che questo è un compromesso, un compromesso doloroso. Governare è però fare cose difficili, e quindi non solo scudi ma anche riforme». Per questo Brunetta promette una riforma fiscale: «l'impegno del governo è quello di rimettere mano alla riforma fiscale» dice il ministro nell'intervento radiofonico domenicale su Rtl, in cui precisa che l'intervento riformatore dovrà riguardare «l'abbassamento delle aliquote, l'allargamento delle aree di esenzione e la lotta all'evasione». Terreno, questo, che tuttavia ha già dato i suoi frutti, con il raddoppio del gettito da recupero di evasione: «i risultati si ottengono, se ne potrebbero ottenere molti di più; passata la bufera si ricomincia e in maniera strutturale». Intanto, però, le risorse che rientreranno in Italia verranno utilizzate per fare «cose buone». E, se pure non verranno utilizzate per detassare le tredicesime, il maggiore gettito che deriverà dalla sanatoria servirà, dice il ministro, per sostenere il lavoro e l'università. Così come il governo ha fatto lo scorso anno quando «i consumi a Natale sono andati benissimo anche senza detassare le tredicesime» ma sostenendo gli ammortizzatori sociali. «Abbiamo fatto bene» sostiene Brunetta, precisando che queste nuove risorse quindi andranno «all'università, a stimolare il mercato del lavoro, con la detassazione della contrattazione aziendale».