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Berlusconi accetta la linea Fini

Il presidente del consiglio Silvio Berlusconi

Ma sugli stranieri Gianfranco è solo

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MILANO - Libertà di coscienza garantita. Confronto e discussione. Opinioni diverse ma costruttive. È con queste parole che il presidente del Consiglio sgombra il campo Pdl da tutti gli attriti delle ultime settimane. E lo fa su quel terreno tanto caro a Gianfranco Fini. Vale a dire la libertà di coscienza dei parlamentari, «da garantire sempre» secondo l'inquilino di Montecitorio e su tutte le questioni, a cominciare da quelle di bioetica. Berlusconi dal palco del Palalido, davanti a tutto lo stato maggiore di via dell'Umiltà, lo dice una volta per tutte. E a chiare lettere. Il Pdl è un partito grande, in cui quindi «è normale ci siano posizioni diverse». Ma questo, ribadisce, non può costituire un problema. Anzi. «Ciascuno dice la sua, ci si confronta, e poi si vota». E comunque, «a tutti sarà garantita la libertà di coscienza». Parole che sembrano rispondere direttamente a quanto detto da Fini nei suoi ultimi interventi in pubblico. A Gubbio (summer school del Pdl), così come a Chianciano (stati generali dell'Udc), e Milano (festa nazionale della libertà) affrontando temi quali immigrazione o testamento biologico, Fini ha sempre ribadito l'esigenza nel partito di un confronto tra le parti, e che comunque lui, in Parlamento, avrebbe fatto da garante per tutte le posizioni.   Ecco fatto. Berlusconi replica, non solo ribadendo quanto detto dal presidente della Camera, ma assicurando anche che nella maggioranza «non c'è alcun litigio». Sono quasi le sei del pomeriggio quando il premier arriva nella struttura del Palalido, dove per quattro giorni si è svolta la prima festa nazionale del Popolo della libertà. La sala si è riempita molte ore prima. Transenne ovunque e prime file riservate a governo e parlamentari. Oltre al padrone di casa, Ignazio La Russa, ci sono i ministri Alfano (tra i più applauditi), Brambilla, e Rotondi. C'è il governatore della Lombardia Roberto Formigoni. Ci sono i sindaci Gianni Alemanno (Roma), Letizia Moratti (Milano), Giuseppe Scopelliti (Reggio Calabria).   Il coordinatore nazionale Pdl Denis Verdini. Accolto dall'ovazione dei militanti con in sottofondo il brano musicale «Meno male che Silvio c'è», Berlusconi arriva sul palco e comincia il suo discorso con una serie di battute spiritose. Prima al ministro La Russa «per aver rovinato la domenica a tanti» essendoci le partite di calcio. Poi al presidente americano, Barack Obama che ha appena incontrato al G20 di Pittsburgh. «Vi porto i saluti di uno che si chiama... uno abbronzato... Ah, Barack Obama». E poi «voi non ci crederete, ma sono andati a prendere il sole in spiaggia in due, perché è abbronzata anche la moglie» riferendosi al suo incontro con la first lady Michelle. Dopodichè, però, con toni seri, Berlusconi elogia il capo della Casa Bianca: «È uno molto bravo», e questo deve far piacere «perché i rapporti sono facili». Il Cavaliere non si ferma con le battute, anzi. È uno show di punzecchiature e frecciatine ironiche. Come quella al ministro Gelmini (e al deputato finiano Italo Bocchino indirettamente), che arriva al Palalido quando il premier già stava parlando. «Accogliamo il ministro Gelmini che la sinistra vorrebbe come simbolo sexy del governo, e anche Italo Bocchino che rappresenta le minoranze, dice che lo è». Certo, non mancano anche le bordate all'opposizione anti-italiana che «tifa per la crisi». La sinistra italiana, tuona il Cavaliere, «resta quella dei soliti comunisti». Poi parte l'affondo sugli immigrati: «La sinistra vuole spalancare le frontiere a tutti quanti. Perché è caritatevole? No, perché ha la subdola strategia di far venire in Italia della gente per poi dare il diritto di voto, pensando che questi immigrati votino tutti a sinistra e possano cambiare quella maggioranza di moderati, che è stata sempre maggioranza nella storia della nostra Repubblica». Il presidente del Consiglio è davvero un fiume in piena. Parla per quasi un'ora e mezza, rileggendo a tratti il discorso del '94 per la sua discesa in campo. Poi parla di tv, e delle sue partecipazioni televisive. In un momento in cui la Rai è nel caos per Annozero, con il governo sul piede di guerra verso la trasmissione di Santoro, il presidente del Consiglio esprime in modo secco la sua opinione. Rispetto ad uno scenario dove «se io vado a parlare in una tv è uno scandalo, se vado in una seconda televisione divento un dittatore, se vado in una terza siamo al regime e in una quarta siamo ad un atto delinquenziale». Quando invece Barack Obama «è andato in cinque diverse televisioni a spiegare la sua riforma sanitaria e ha fatto bene, perché i leader devono prima di tutto informare i cittadini».   Altra ovazione di militanti e scatta l'applauso. Ironizza persino sulle polemiche sulle relative feste di Palazzo Grazioli e di Villa Certosa. Quando un ragazzo alza un cartello lo riprende: «Abbassalo perché non consenti agli altri di vedere quanto sono bello. Non vedo perché dobbiate diminuire le possibilità delle mie potenziali fidanzate». Alla fine la chiusura arriva con una promessa, minaccia per l'opposizione, e cioè quella «che saremo qui sempre». Parte la musica, stavolta senza errori.

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