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Santoro, un politico prestato al giornalismo

Michele Santoro

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Michele Santoro ha dimostrato ieri sera, alla ripresa del suo Annozero, di non essere un giornalista prestato alla politica, come diceva di essere diventato facendosi eleggere parlamentare europeo nelle liste dei Ds-ex Pci prima di essere restituito alla conduzione televisiva da una sentenza giudiziaria, ma un politico prestato al giornalismo. E come politico si sente erede di un uomo che non ha menzionato ieri sera, ma di cui è aleggiato il fantasma nel suo salotto televisivo: Enrico Berlinguer. Egli ha rispolverato la famosa «diversità», rivendicata dal segretario comunista come sinonimo di superiorità morale, rispetto a tutti gli altri attori politici alla fine degli anni Settanta per spiegare il ritorno all'opposizione dopo la stagione della «solidarietà nazionale», quella dell'appoggio esterno ai governi democristiani presieduti da Giulio Andreotti. Si è visto com'è finita quella diversità, dopo che grazie all'aiuto di certe Procure della Repubblica i comunisti, per quanto travolti dal crollo del muro di Berlino, riuscirono a liberarsi di tutti i loro avversari, a stracciare i risultati elettorali del 1992 e a prenotare, con lo scioglimento anticipato delle Camere meno di due anni dopo, la conquista di tutte le casematte del potere, non mettendo nel conto l'irruzione di Silvio Berlusconi nella politica. La diversità comunista, per quanto protetta all'epoca di «Mani pulite» da magistrati accomodanti, si è poi dissolta come neve al sole. Ridottisi a meno del 16 per cento dei voti, dal 30 per cento e oltre degli anni di Berlinguer, i comunisti riparatisi sotto il simbolo della quercia hanno dovuto ripiegare sino a tentare la sopravvivenza fondendosi con i resti della sinistra democristiana. E sono adesso dieci punti e più sotto il partito di Berlusconi, asserragliati in un potere locale che scricchiola anche sotto i colpi delle inchieste giudiziarie. Non sembra destinata a migliore fortuna la diversità gridata ieri sera da Santoro per proporsi come punto di riferimento e di rappresentanza dell'informazione, della cultura e, più in generale, della democrazia minacciata dai soliti prevaricatori e sporcaccioni. Che sarebbero naturalmente Berlusconi, il ministro Renato Brunetta e i loro cortigiani, come meriterebbero di essere considerati i giornali e i giornalisti che ne condividono le posizioni. E' proprio sicuro Santoro di avere portato acqua al suo mulino facendo ascoltare larghi brani della filippica recente di Brunetta contro certa sinistra parassitaria e tutti quelli che la sostengono ? A sentirlo nei brani scelti e riproposti da Annozero, Brunetta non ha fatto una brutta figura. Tutt'altro. Parecchi telespettatori potrebbero essersi divertiti, più che indignati. Quella rappresentata e rivendicata dal conduttore-ex parlamentare dei Ds è una diversità un po' pasticciona e pasticciata, abituata a vivere di processi mediatici e di autentiche aggressioni a chi ha il solo torto di non piacergli, o di contestarne il diritto di fare solo ciò che vuole, e non ciò che può. Marco Travaglio non dispone ancora di un nuovo contratto a causa dei dubbi sulle sue prestazioni avvertiti dal direttore generale della Rai. Che cosa fa Santoro? Se lo porta ugualmente in trasmissione e, dopo quasi un'ora di suspense, gli cede la parola per quello che si chiama comunemente «editoriale» ma che è stato il solito processo a Berlusconi, sia pure con qualche riferimento polemico anche a Massimo D'Alema, per le note vicende di Tarantini e delle ragazze, cioè delle puttane, da lui portate nelle residenze private del presidente del Consiglio, nascondendogli la loro vera natura e il relativo mercimonio. E' seguita naturalmente una lunga intervista alla «escort» Patrizia D'Addario, diventata l'eroina della sinistra «diversa». Che spera di potersi rifare così delle cocenti sconfitte subite, e destinate a ripetersi se gli argomenti contro Berlusconi rimangono gli stessi.

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