Il Grillo parlante si pappa la sanatoria

Ma mi faccia il piacere, avrebbe detto un comico doc come Totò. I grandi volti dell'umorismo italiano sono spesso devoti all'antiberlusconismo. È il caso di personaggi che vivono la propria professione a metà tra un palcoscenico di un teatro e di un comizio. Professionisti come Beppe Grillo, Adriano Celentano, Roberto Benigni. Tre nomi che non risparmiano critiche a Silvio Berlusconi. Peccato che proprio dalle decisioni del Cavaliere, e del suo superministro Giulio Tremonti, hanno in passato raccolto grandi frutti. Non si contano le proteste, su internet o in piazza, del comico genovese contro il famoso «condono tombale» della XIV legislatura. Per Grillo era un provvedimento-tabù. Ma solo per il Grillo «parlante», per quello imprenditore era come musica. Beppe e suo fratello Andrea quel condono l'hanno utilizzato. E ben due volte. Nei bilanci 2002 e 2003 della loro immobiliare, la Gestimar srl: «In considerazione della possibilità concessa dalla legge finanziaria 2003 - scrive Andrea Grillo - di definire la propria posizione fiscale con riferimento ai periodi d'imposta dal 1997 al 2001, fermo restando il convincimento circa la correttezza dell'operato finora eseguito, si è ritenuto opportuno avvalersi della fattispecie definitoria di cui l'articolo 9 della predetta legge (condono Tombale)». Beppe Grillo non è l'unico che ha usufruito delle agevolazioni fiscali. Nella lista c'è anche il nome di Adriano Celentano, il cantante che saltuariamente commenta fatti politici sul Corriere e appare su Rai Uno per esibirsi nel suo repertorio canoro e, all'occorrenza, criticare il centrodestra. L'holding di famiglia, la Clan Celentano srl, sotto il governo Berlusconi registrava una pressione fiscale del 14,92 per cento. Gli anni di bilancio erano il 2002, 2003 e 2004. Nel triennio la società ha fatturato dodici milioni e 623 mila euro e non registrava neppure un lavoratore dipendente. Un altro storico castigatore del Cavaliere, anzi di Silviuccio, di Silviaccio, è Roberto Benigni. Amato dagli italiani perché fuoriclasse nel mondo del cinema e della risata, ha anche lui approfittato di alcuni provvedimenti varati dal governo Berlusconi. Negli anni in cui Celentano usufruiva di pressioni fiscali pari al 14,92 per cento, Benigni e sua moglie Nicoletta Braschi si sono fatti portar via dal fisco solo il 4,49 per cento dei guadagni della Melampo cinematografica srl, tra il 2001 e il 2004. Anni in cui da sottolineare non c'è solo che il centrodestra era al governo, ma anche che Benigni offriva al pubblico grandi capolavori come «La vita è bella», il colossal «Pinocchio» o «La tigre e la neve». Anni d'oro, insomma. Dove il fatturato superava i cento milioni di euro, ma l'utile ammontava a 10,2 milioni. Con un assegno indirizzato all casella postale dello Stato di soli 459 mila euro.