Travaglio "ospite". E Calabrò snobba Masi
«Berlusconi è un farabutto e con questa destra di farabutti non tratto». Lo disse D'Alema a "Repubblica", undici anni fa. Chissà se nella "copertina" introduttiva di "AnnoZero" verrà citata anche questa vecchia intervista di Baffino. Di certo, stasera vedremo riproposto il rap del Cavaliere a "Porta a porta", perché la puntata d'esordio del programma di Santoro proprio ai "Farabutti" è dedicata. Sottotitolo: "C'è un pericolo per la libertà di espressione in Italia? Ci sono domande proibite? Ci sono giornalisti indesiderati e trasmissioni all'indice?". L'effetto, vagamente lunare, sarà di parlarsi addosso, anzi davanti a un cospicuo numero di telespettatori, evocando lo spettro della censura. Ospiti: il segretario del Pd Franceschini, il deputato Pdl Bocchino, il direttore di "Libero" Belpietro e quello dell"Unità", Concita De Gregorio, più il battitore libero Enrico Mentana. "Ospite", inevitabilmente, anche Marco Travaglio, che sostiene di aver tirato l'alba per confezionare il suo editoriale, dove nomi come Tarantini e D'Addario dovrebbero comparire ripetutamente: se ne parlerà però a trasmissione inoltrata, e non all'inizio, per una questione di scaletta e di spot (quest'anno sono tre). Travaglio sostiene di non sapere nulla del suo contratto. Non mente: ieri all'AgCom è arrivata la documentazione scritta sugli «approfondimenti» chiesti dal Cda Rai, ma è clamorosamente saltato l'incontro fra Calabrò e Masi. Il presidente dell'Autorità garante sulle comunicazioni era palesemente indispettito da quella che - di notizia in notizia - veniva dipinta come una chiamata a condividere la decisione sullo spinoso caso Travaglio, con il direttore generale di Viale Mazzini a chiedere un «parere» su una «serie di concause» legate all'eventualità di una maximulta da 90 milioni in caso di «violazione grave dei diritti della persona» da parte di qualche opinionista in video. In una giornata per nulla semplice, il braccio di ferro AgCom-Rai è proseguito a colpi di comunicati e distinguo. Alla fine, con qualche imbarazzo, Masi ha sottolineato che da parte sua non esisteva la volontà di «scaricare la responsabilità» sulla vicenda, nè di far fare a Calabrò la figura del «censore preventivo». L'Autorità risponderà se lo riterrà opportuno, e sempre per iscritto, nei prossimi giorni: ma allo stato non esistono ostacoli formali alla contrattualizzazione di un collaboratore esterno. Il cerino acceso - e sempre più consumato - resta dunque tra le dita di Masi, che ieri, convocato dalla Vigilanza, si è sentito chiedere da Zavoli: «Sa che la accusano di voler normalizzare l'informazione Rai?». Risposta: «Con la mia direzione non è in discussione il pluralismo. Siamo il servizio pubblico e nessuno ha mai messo in dubbio, ad esempio, che "AnnoZero" non debba andare in onda. ma non mi piacciono le trasmissioni "contro"». Dall'opposizione, ironizzano sull'ingaggio, tuttora in sospeso, di Aldo, Giovanni e Giacomo, stelle fisse del "Che tempo che fa" di Fazio. Oggi Masi è atteso da un'altra giornata campale, davanti al Cda: è attesa l'ennesima fumata grigia per le nomine di RaiTre e Tg3. Sospirava ieri Zavoli: «Neanche stavolta si decide, è dall'estate che si parlava di settembre!». Malinconie da decano dell'azienda: «La tanto vituperata lottizzazione: quella permetteva il pluralismo! Quando Bernabei portò in prima serata Tv7, spostata sul centrosinistra, non c'era mica un governo sovietico». Altri tempi: in bianco e nero.