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"Servono 50 anni per conoscere la verità sul destino del pianeta"

Franco Prodi, climatologo, Fratello dell'ex presidente del Consiglio Romano

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«Fantascienza». Basta una parola per descrivere le teorie catastrofiste degli ambientalisti estremisti. Il clima è argomento serio. È per questo che professori come Franco Prodi, fratello del più famoso Romano ex inquilino di Palazzo Chigi, dedicano una vita allo studio della materia. Ricercatore del Cnr, studioso della fisica dell'atmosfera, meteorologia e climatologia, Prodi vigila su fenomeni come il global warming, il surriscaldamento dei mari o lo scioglimento dei ghiacchi, con occhio scientifico.   Professore, Obama parla di «rischio catastrofe» per le generazioni future. «C'è una parziale contraddizione. Noi non siamo in grado di fare scenari precisi, previsioni concrete. Non sono d'accordo con Obama, perché dà una certezza di catastrofismo che non è in accordo con le condizioni della conoscenza. Su questo tema oggi di dominio internazionale anche a livello politico, la mia opinione è che c'è stata una macroscopica falsa partenza e il discorso è passato dalle mani dei ricercatori agli esperti di scenari. Ciò ha portato le Nazioni Unite a operare secondo principi di precauzione, a concepire il meccanismo delle conferenze che riguarda i ministeri e i capi di governo, che acquisiscono consigli da scienziati per procedere, appunto, in base a principi di precauzione». I consigli sono seguiti? «Di sicuro si è arrivati a Kyoto: una proposta di accordo disattesa da molti Paesi, come la Cina. Tutto questo è una falsa partenza: si dà l'impressione di aver già acquisito tutti gli strumenti necessari per generare una soluzione ma non è così. E la ricerca invece di essere sotto i riflettori viene messa da parte». Nella peggiore delle ipotesi cosa si rischia con i cambiamenti climatici? «Potremmo anche assistere a variazioni di correnti oceaniche, o altri importanti cambiamenti. Ma questa è una situazione in cui la conoscenza è incompleta: non possiamo né tranquillizzarci né parlare di catastrofe».   In ogni caso, il nostro Pianeta non affronta la fase di mutamento climatico per la prima volta. «Vede, il clima cambia per definizione. È come avere una lampada, che è il Sole, e una sfera, che è la Terra: la distanza che c'è tra i due elementi può cambiare e anche l'intensità della lampada può cambiare, è normale. In passato ci sono stati grandi cambiamenti climatici, grandi cicli astronomici e astrofisici. E in questo l'uomo non c'entra nulla. Bene, l'atmosfera che circonda la Terra media tra il Sole e il nostro pianeta: lascia passare la luce visibile ma non gli infrarossi. Quindi possiamo dire che l'atmosfera complica molto il sistema». Quando l'influenza dell'uomo entra in gioco e quanto incide sul clima? «Da due secoli a questa parte l'uomo è in grado di competere con la natura. Può generare particelle e gas, modificando la natura. Se contiamo tutte queste le particelle prodotte dall'uomo, arriviamo al 20 per cento del totale. Non poco. Ma due secoli, rispetto ai grandi cicli di cui parlavamo prima, sono solo un battito di ciglia. Il problema è: siamo noi in grado di avere modelli che comprendono tutte le variabili in modo coerente, per cui si possa isolare il comportamento dell'uomo dagli altri agenti che contribuiscono al cambiamento climatico? La risposta è no». Quindi chi parla di global warming non può puntare il dito sull'Uomo? «A mio avviso la situazione dei modelli attuali è ancora nell'infanzia, i processi di separazione del contributo antropico da tutti gli altri non è ancora quantificato. È chiaro che l'impedimento del riscaldamento globale attraverso il contenimento della Co2 è basata sul principio di precauzione. Anche perché quello che fa male al clima fa male anche all'ambiente. Cominciamo quindi a dire che tutto lo sviluppo industriale dimentica che stiamo distruggendo le risorse e cerchiamo di capire quali correzioni l'umanità deve fare al sistema di mercato e all'economia per rispettare il pianeta». Se non conosciamo il problema, i grandi leader cosa cercano di risolvere? «Infatti Kyoto, come detto, è stata una grande falsa partenza. Non dico che non sia una preoccupazione giusta cercare un dialogo fra il mondo della scienza e dei politici, però non è solo questo il canale. Si è dimenticato che l'umanità si deve basare sulla verità scientifica».   Dal vertice Onu di Copenaghen cosa si aspetta?  «Troveranno un accordo per una riduzione che cercherà di far contenti tutti, ma sarà insufficiente. Ci sarà chi sottoscriverà, chi no, chi si svincolerà come al solito: finirà con un ulteriore rinvio e un'attenuazione dei buoni propositi». Gli italiani conoscono i pericoli dei cambiamenti climatici? «No, assolutamente. C'è una gran confusione e un distacco dalla scienza. Si privilegia la fantascienza».   Ma la scienza che tempi si dà per avere risposte certe? «Per arrivare a un modello di clima affidabile si parla di 40-50 anni, se prendiamo la strada giusta. Anche lo stesso monitoraggio satellitare è da perfezionare. Guardare la Terra dallo Spazio ci dà una comprensione del clima sempre più importante, ma ci vorranno altri vent'anni con missioni spaziali specifiche per avere nuove risposte».

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