Per affondare Silvio possono provare a inguaiare i figli
Il ministro Brunetta ha, purtroppo, ragione. Berlusconi lo vogliono togliere di mezzo e chissenefrega degli interessi dell'Italia, che sta appena uscendo dalla crisi economica. L'odio è tale che il Cavaliere è già stato variamente assassinato sulla scena, nelle commedie musicali e nei film, per non dire di quanti esercitano la professione di berlusconicidi a mezzo stampa. Ci fu un giudice, ben al di sotto delle parti, non molti anni fa, che definì noi italiani sostenitori di Silvio con un epiteto chiaro e preciso: "rincoglioniti". Forse, per rieducarci e disincoglionizzarci, codesti fini dicitori non hanno mai smesso, per quindici anni, di attentare in tutti i modi ai governi di centrodestra e all'uomo Berlusconi. Si ragiona sui poteri forti, sulle faune parassitarie, sui coni d'ombra del privilegio, tutto vero, ma le grandi manovre si estendono a tutto campo e necessitano di sinergìe tra le varie postazioni. I poteri forti tessono le tele di ragno per il dopo, vedi l'esperimento riuscito dell'Esecutivo Dini nel 1995, ma il gioco sporco non tocca mai ai mandanti. Insomma, il golpismo si avvale di vari livelli di guastatori. Comunque, la «scossa» vera pare che stia per arrivare e con tale violenza — si mormora — da costringere il Premier eletto dal popolo sovrano a dimettersi. Lo scacco matto, anzi l'atterramento, è previsto, come nel 1994, tra novembre e dicembre. Da varie parti, infatti, mi arrivano brusìi e allusioni sulla prossima crisi di governo e sul marasma istituzionale, che seguirà. Alcuni mi suggeriscono già il nome del successore. Mi dicono che il voyeurismo a mezzo stampa di Repubblica e dell'Espresso ha funzionato sin qui come lavoro ai fianchi, in attesa del gancio destro alla Monzon. Cerco di risalire alla fonte più attendibile, anche per capire se, per avventura, non si tratti di esagerazioni buone a far vendere i giornali. Riassumo gli spunti forniti dalla mia «gola profonda». Le hanno provate tutte, poi hanno capito che il punto debole di Berlusconi sono i figli. E le attenzioni si sono concentrate orizzontalmente e verticalmente sugli eredi più esposti, Piersilvio e Marina. Non so quanto sia credibile tale soffiata, certo è, tuttavia, che Silvio farebbe di tutto, anche il sacrificio di dimettersi, per salvare i figli. Ammesso e non concesso che qualcuno stia passando al microscopio le carte ed i cassetti, ad esempio, di Piersilvio, non è affatto detto che possa trovare quello che, secondo il teorema investigativo, cerca; meglio, allora, limitarsi a rivisitare gli agguati ragionevolmente presumibili. Lo scoglio del «lodo Alfano» può essere superato senza danni, a meno che l'eventuale bocciatura non vada a coniugarsi subito con un altro colpo. Dopo la sventola sui figli proveniente sicuramente da Milano, l'uppercut fatale al mento potrebbe arrivare da Palermo. Il feuilleton giudiziario scritto a più mani, con protagonisti Ciancimino junior e Totò Riina, elevati, da certa stampa, al rango di testimoni «credibili» e quasi sapienti registi delle indagini, potrebbe significare il preludio di un intreccio drammaturgico assai più complesso ed avvelenato, fondato, intanto, sulla conferma in Appello dei nove anni a Dell'Utri, per concorso esterno. A parte la bastonata in sé, la condanna — per un reato che, peraltro, sul codice non c'è, trattandosi di partenogenesi giurisprudenziale di dubbia costituzionalità — sarebbe immediatamente rielaborata, chiosata e declinata in forma di proprietà transitiva: da Dell'Utri colpevole a Berlusconi ancor più colpevole il passo è breve. Fra l'altro, anche con i tempi annunciati per l'échec ci siamo, visto che la sentenza di Palermo è attesa per dicembre. Dicembre 1994, dicembre 2009, la storia si ripete? Sempre rimanendo nella narrativa sui colpi di Stato, il Cavaliere che cosa potrebbe fare, per sventare i nuovi attentati e battere una volta per sempre i golpisti? Dovrebbe non piegarsi e rimanere, comunque, in sella, avviando, magari con anni di ritardo, quelle riforme strutturali e quelle iniziative, tipo la commissione parlamentare d'inchiesta sul funzionamento di certe Procure, che la maggioranza degli italiani, chiamati «rincoglioniti» sol perché gli vogliono bene, attendono, invano, dal 2001.