Prigionieri dei padroni che servono
Da progressisti immaginari a conservatori corporativi. Da libertari a giustizialisti reazionari. Una storia lunga, quella di certa sinistra, ma, tutto sommato, semplice. Non alle prime elezioni dell'Italia liberata dal fascismo, ma subito dopo, con il tragico errore di Pietro Nenni, che portò i socialisti nel Fronte Popolare, il nostro fu l'unico Paese dell'Occidente democratico ad avere una sinistra in cui i comunisti erano la forza preponderante. Ciò la escludeva dal governo, perché non poteva governare una forza pagata e sostenuta dal nostro principale avversario militare e politico. Lo riconobbero anche loro, i comunisti, per bocca prima di Enrico Berlinguer e poi di Achille Occhetto. Si dissero più sicuri sotto l'ombrello difensivo della Nato, che avevano combattuto e che serviva a proteggerci dalla loro gloriosa Unione Sovietica. Quella da cui avevano preso soldi, sporchi di sangue, almeno fino al 1991. Ancora dopo il crollo del muro di Berlino, che risale al 1989. Li si sarebbe dovuti rottamare, fra i rifiuti della storia. Invece, il crollo del comunismo internazionale fu la loro liberazione e l'inizio di una nuova vita. I partiti della così detta prima Repubblica ebbero la grave colpa di non comprendere cosa comportava la fine della guerra fredda: non eravamo più Paese di frontiera, interessavano più le nostre ricchezze che non la nostra posizione geopolitica. Così i comunisti, che per ultimi, al mondo, cambiarono nome, con il medesimo gruppo dirigente che aveva sfilato inneggiando all'Armata Rossa, che è il medesimo ancora adesso, apparirono come la forza utilizzabile per dare l'assalto ai forzieri italiani. Per chi avesse voglia d'esempi concreti, valga per tutti la raccapricciante storia della privatizzazione di Telecom Italia. Quel che era di tutti, con la coplicità di questa sinistra, arricchì pochissimi, all'estero ed in segreto. Avete presente la maxi tangente Enimont? Un'elemosina, a confronto. Rimasero prigionieri delle forze che avevano servito. Della magistratura politicizzata, che li usa per impedire ogni riforma e tutelare il proprio potere. Dei circoli finanziari, che li usano come taxi, per succose scorribande. Dell'editoria che fa capo a quella stessa finanza (Repubblica, per non fare nomi), che succhia loro il cervello e gli impedisce di fare politica. Il tutto marinato nel moralismo senza etica e nel perbenismo senza morale, con un partito che cambia pelle e nome seguendo i ritmi della comunicazione berlusconiana e senza lo straccio di un programma riformatore. Una sinistra reazionaria e smidollata, che serve solo ad impedire la nascita di quel che farebbe bene all'Italia: una sinistra di governo, occidentale, pragmatica, alfiere dei diritti individuali.