Cicchitto: «Oggi scrivono una volta sparavano»
Lescritte che inneggiano ai talebani e festeggiano per la morte dei soldati italiani? «Un grumo eversivo e rivoltante è sempre esistito. Oggi scrivono, una volta sparavano». Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, non è sorpreso che «nuclei avvelenati dall'estremizzazione» siano arrivati a esultare per l'attentato di Kabul. Ma bisogna tenerli «ben distinti» dalla richiesta dai partiti di sinistra che chiedono il ritiro dall'Afghanistan. Non crede che parlare in questo momento di ritiro potrebbe fornire un alibi a chi inneggia ai talebani? «Sono due cose diverse. Una cosa è esaltare il terrorismo. In questo caso la condanna è assoluta. Chiedere il ritiro, invece, è solo una scelta politica sbagliata. Mi meraviglia il silenzio agghiacciante della sinistra sull'aberrante ideologia talebana e il silenzio delle femministe sulla condizione delle donne». Come combattere chi sta dalla parte dei terroristi? «Questi nuclei sono già isolati e ridotti ai minimi termini. Sono il frutto avvelenato di un'estremizzazione politica di matrice comunista. La stessa matrice che negli anni '70 portò alle Brigate Rosse e a Prima Linea». Il fatto che Bossi abbia chiesto il ritiro come i comunisti potrebbe causare problemi alla maggioranza? «Non penso proprio. Le motivazioni sono differenti. Bossi chiede solo di evitare che muoiano altri soldati. Il suo è un discorso utilitaristico. Un localismo applicato a livello mondiale. Questo non vuol dire che lo condivida. Devo aggiungere però che nella Lega si sono articolate più posizioni, come quella di Maroni che si è schierato per il rispetto dei vincoli internazionali. Rifondazione, invece, sbaglia perché è condizionata dall'ideologia. Chiedere il ritiro è comunque pericoloso: i terroristi potrebbero pensare che i loro attentati possano influire sulle nostre decisioni». State pensando a una exit strategy? «L'Italia è in Afghanistan con gli alleati della Nato per isolare i terroristi e contribuire al rafforzamento di quello Stato. Non dobbiamo pensare a quando ce ne andremo ma a come ampliare il nostro intervento in senso politico, economico e sociale». E se gli americani chiedessero più truppe? «La riflessione non deve essere solo sull'Afghanistan. Quando la situazione si sarà raffreddata, dovremo cominciare a ragionare in senso complessivo. Sul nostro impegno militare all'estero. Noi siamo già in prima fila. Anche gli altri devono prendersi le medesime responsabilità». Dar. Mar.