Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Brunetta: "Vogliono il colpo di Stato"

Renato Brunetta

  • a
  • a
  • a

Le affermazioni di Renato Brunetta possono essere prese di petto, criticandone duramente la forma verbale e la veemenza (vada a morire ammazzata, rivolto alla «sinistra per male», è espressione fuori luogo), per classificarle come eccessi di un ministro che non sa tenere a freno la lingua. La critica ci sta tutta e la storia può finire lì. Oppure possono essere considerate nel merito, senza fare troppo i preziosi sulla forma. E allora qualcosa cambia, poiché prende forma un ragionamento tutt'altro che banale. Per capirlo meglio ne abbiamo parlato con lui, scoprendo che il ragionamento fila eccome. Brunetta (e non è uno scherzo) la vede da sinistra, da dentro la sinistra. E vede il vuoto creatosi dopo il crollo del Muro, l'evento che ha reso orfani gli eredi del Pci. Ecco allora la nascita della «strategia di sopravvivenza», che finisce per sostanziarsi in una concreta subalternità ai grandi circuiti bancari e finanziari, veri padroni dell'area progressista negli ultimi vent'anni. Brunetta cerca cioè di scuotere l'albero della sinistra, ricordandole che sono Capitale e Lavoro a svolgere un ruolo positivo, mentre la Rendita lotta per la conservazione anti-democratica. Propone, in buona sostanza, un dibattito vero, che andrebbe affrontato seriamente e non buttato nel cestino come cerca di fare sistematicamente proprio quella immutabile sinistra al potere che ci portiamo dietro da quasi trent'anni. Un dibattito «neo-ricardiano», che Brunetta sollecita con espressioni verbali troppo forti (che rischiano di far perdere forza anche alle sue parole) ma che contengono una verità di fondo: è capace il gruppo dirigente del Pd di scegliere una volta per tutte la strada dell'auotnomia intellettuale e politica (per non parlare d'altro) dai potentati d'èlite, per giocare a viso aperto la sfida con la destra di governo (e di popolo)? Quello del ministro è un grido, è una provocazione. C'è spazio, si domanda, per una alleanza del Buon Capitale e del Buon Lavoro contro la Cattiva Rendita? È poi così «disdicevole», si chiede Brunetta, fare questo richiamo in modo pubblico e senza giri di parole? Quando descrive queste élite come quelle «della rendita parassitaria, burocratica, finanziaria, editoriale» egli descrive in modo serio un mondo che, in buona sostanza, vuole comandare senza passare dalle urne. Potrà suonare sgradevole ricordarlo, ma il ragionamento non è poi così lontano dalla realtà. Chiarito il pensiero di Brunetta sulla sinistra, si apre il secondo capitolo. Ecco come la pensa il ministro: «Questa sedicente élite in questo anno di grande crisi ha pensato solo a come far cadere un governo che guarda caso cominciava a colpire proprio le case matte della rendita». Se gli chiedi qualcosa in più lui risponde guardingo, ma non per questo evasivo. Dice che bisogna tornare alla celebre crociera sul Britannia (giugno 1992, a bordo della nave della regina Elisabetta d'Inghilterra che incrocia al largo di Civitavecchia si svolge un meeting internazionale per parlare dell'imminente avvio delle privatizzazioni in Italia, con a bordo figure importanti della finanza, delle banche e delle partecipazioni statali, tra cui l'allora direttore generale del Tesoro Mario Draghi. La crociera viene organizzata da «British Invisibles», una sorta di Confindustria della finanza inglese che guida il lavoro potente di rilancio della City come centro europeo della finanza, una operazione che il governo di Margaret Tatcher sostiene in modo chiaro) per comprendere quali ambienti hanno poca simpatia per l'attuale esecutivo e la maggioranza che lo sostiene. E aggiunge che proprio questi ambienti si esercitano da mesi nella stesura di una lista di ministri per un governo tecnico, pronto ad insediarsi non appena un qualche evento traumatico ne crea le condizioni: ecco il riferimento al Colpo di Stato. Il cronista registra questi ragionamenti, non senza andare con la memoria a diversi episodi del passato che inducono a qualche riflessione. Si pensi ad esempio alle elezioni cui si va in tutta fretta nel '94. Sull'onda emotiva di Tangentopoli il Presidente Scalfaro accompagna all'eutanasia la legislatura, pur essendo ancora presente in Parlamento una significativa maggioranza coerente con il risultato delle urne di due anni prima. Berlusconi (con Fini, Casini e Bossi) vince a sorpresa nel '94: ecco pronto un nuovo scandalo giudiziario (finito nel nulla) che abbatte anche quel governo. Scalfaro insedia Dini e governa gli eventi fino al nuovo scioglimento del '96, aprendo le porte alla vittoria di Romano Prodi. Brunetta, intemperanze verbali a parte, è assai convinto delle sue tesi, di cui vede gli effetti nel clima limaccioso di questi giorni. Se gli chiedi un'opnione sul ruolo di Fini ti risponde secco: «non c'entra. Lui è una ricchezza per il Pdl». A lui sta a cuore la provocazione intelletuale verso la sinistra. In fondo resta pur sempre un professore.

Dai blog