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La politica estera non può essere decisa dai sondaggi

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Almenonelle questioni fondamentali che caratterizzano la politica interna ed estera di una nazione. È un principio che occorre ricordare in questo momento così doloroso. Tutti i sondaggi dicono che la maggioranza degli italiani è favorevole al ritiro dall'Afghanistan, e nei prossimi giorni tale orientamento probabilmente si ingrosserà per il tragico impatto dei militari uccisi. I gruppi politici ispirati alla demagogia e al populismo hanno subito gridato al ritiro; e pure nei maggiori e più responsabili partiti, Pdl e Pd, sono cominciate a circolare ambigue pulsioni di questo tipo sull'onda dell'orientamento popolare. Mi chiedo tuttavia se in un caso come questo davvero i sentimenti della maggioranza dei cittadini misurati dai sondaggi devono prevalere sulla linea politica votata da Parlamento e governo, sugli impegni internazionali liberamente assunti, e sul ruolo che l'Italia gioca in Europa e in Occidente. Se l'Italia si abbandonasse ai sondaggi in materie come la politica estera e militare, ci troveremmo in balia dei populisti e degli opportunisti, dei demagoghi o dei buonisti, che prenderebbero la testa della barca italiana in assenza della cabina di comando e del timone di direzione. Salvo poi, alla prima avvisaglia di terrorismo, mettersi ad ululare come lupi. Intendiamoci, ho un profondo rispetto per la volontà dei più e sono più che mai sensibile alla questione della vita umana di fronte ai pericoli di morte, e non sono affatto posseduto dai demoni della retorica patriottarda e della ragion di Stato. Ma ci deve pur essere un momento in cui chi guida il paese si comporti in coerenza con i propri principi e le proprie scelte, per di più prese a livello internazionale, anche quando vanno in direzione opposta alla voce dei sondaggi. E la questione d'oggi - restare o lasciare l'Afghanistan - è uno di quei casi in cui valgono molto più le considerazioni sul ruolo dell'Italia nel mondo che non i pur legittimi sentimenti popolari. Questo non significa che parlamento e governo non debbano discutere a fondo cosa significhi la nostra presenza in Afghanistan, come debba essere o non essere mantenuta, e quali siano i vantaggi e gli svantaggi delle diverse scelte alla luce dell'interesse nazionale. Ma si tratta di un discorso del tutto diverso dall'alzare le mani di fronte ai sondaggi che devono essere ricondotti al loro ruolo di semplice conoscenza della realtà e niente più. Massimo Teodori

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