"Non possiamo abbandonare il Paese"
Restare o andarsene? Così, nel giorno in cui L'Italia celebrava il cordoglio e si stringeva attorno ai sei parà della Folgore uccisi in Afghanistan, quell'interrogativo torna dirompente nelle dichiarazioni dei vari esponenti della politica. E la discussione si è ampliata a tal punto da diventare quasi un botta e risposta tra il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il leader della Lega Umberto Bossi. «Il ritiro è un problema internazionale - spiegava il premier - Non è un problema che un Paese presente può assumere da solo perché con questo si tradirebbe l'accordo e la fiducia degli altri Paesi presenti». Una linea decisamente morbida rispetto a quella presa dal Senatùr che, oltre a proporre di avere i militari a casa per Natale, dichiara: «Il tentativo di portare la democrazia in Afghanistan è fallito. Per me è una missione abbastanza esaurita, anche se dire così è come darla un po' vinta al terrorismo». Una dichiarazione che crea qualche malcontento all'interno della maggioranza dato che la linea prevalente è quella proseguire con la missione. Così Berlusconi cerca di mettere ordine: «Siamo convinti che il meglio per tutti quanti sia di uscire presto. Durante i giorni del G8 ho parlato con il presidente Obama e stiamo preparando un piano che può essere tanto più veloce quanto migliore risulterà l'addestramento che sapremo dare alle forze dell'ordine afghane». Sui tempi di un ritiro, però, «non c'è nessuna idea». Il premier ha poi ricordato che «avevamo già previsto una forte riduzione e proseguiremo in questa direzione. Siamo tutti speranzosi e ansiosi di poter riportare a casa al più presto i nostri ragazzi». Bossi così, additando le missioni come «troppo costose» sia in termini economici che di vite umane, lancia il suo monito: «Io sono sempre dello stesso parere. A casa quanto prima». Ma è proprio il ministro dell'Interno Roberto Maroni a smentirlo: «Non esiste nessuna ipotesi di ritiro della missione italiana in Afghanistan perché sarebbe una resa alla logica del terrorismo». Piu diplomatico il capogruppo del Carroccio alla Camera, Roberto Cota: «Non è il momento di parlare di ritiro delle truppe, perché ciò significherebbe cedere all'intimidazione». Ma al tempo stesso tende la mano al suo leader: «L'auspicio di Bossi è condiviso da tutti. Ritirare le truppe oggi, rompendo gli accordi internazionali, non è possibile, ma ragionare come fa Bossi sulla tempistica è saggio».