Martiri per la libertà
Un sms per vendicare una strage. La barbarie talebana non conosce limiti e non ha esitato a colpire un convoglio di militare Isaf in mezzo alla gente. Sei le vittime italiane, tutti paracadutisti della Folgore, e altre quattro feriti. Sono invece 15 i morti afghani e ben 55 i civili rimasti coinvolti nell'attentato. Il kamikaze a bordo di una Toyota Corolla grigia è entrato in azione nei pressi della rotonda intitolata all'eroe Massud. In quel tratto la strada di scorrimento che dall'aeroporto conduce a Kabul è sempre intasata di auto. L'attentatore suicida ha colpito a mezzogiorno quando in Italia erano le 9,30. Con una manovra azzardata, il kamikaze si è infilato tra i due Vtlm Lince con a bordo dieci militari italiani. È stato un attimo. I parà non hanno avuto il tempo di mettere in atto nessuna della manovre imparate a memoria per evitare simili rischi. L'esplosione è stata devastante. Oltre duecento chili di plastico, probabilmente Rdx, ha fatto scempio dei veicoli italiani ma anche delle case che si allineano lungo la strada. Dell'auto dell'attentatore è rimasto solo lo chassis. I due Vtlm che così egregiamente hanno resistito a molti ordigni sono stati squassati dalla potenza di questo attacco. Quello compiuto nel quartiere diplomatico di Kabul si rivela il più grave attentato dai tempi della strage di Nassiriya, che il 12 novembre del 2003 provocò la morte di 19 italiani. Ieri, a Kabul, a trecento metri dalla loro destinazione, a perdere la vita sono stati il tenente Antonio Fortunato, nato a Lagonegro (Potenza), nel 1974, in forza al 186° Reggimento, il sergente maggiore Roberto Valente, nato a Napoli nel 1972, in forza al 187° Reggimento, il 1° caporal maggiore Matteo Mureddu, Nato ad Oristano nel 1983, in forza al 186° Reggimento, il 1° caporal maggiore Giandomenico Pistonami, nato ad Orvieto (Perugia) nel 1983, in forza al 186° Reggimento, il 1° caporal maggiore Massimiliano Randino, nato a Pagani (Salerno) nel 1977, in forza al 183° Reggimento, il 1° caporal maggiore Davide Ricchiuto, nato a Glarus in Svizzera nel 1983, in forza al 186° Reggimento. Tre dei quattro i militari rimasti feriti in seguito all'attentato sono appartenenti al 186° Reggimento della Folgore, l'ultimo ferito è effettivo all'Aeronautica Militare. L'attacco kamikaze è stato compiuto da «un eroe dell'emirato islamico, il mujahid Hayatullah», viene precisato nel comunicato spedito via sms alla stampa locale dal portavoce dei talebani Zabibullah Mujahid. Lo stesso poi chiamerà la radio di Kabul per sostenere che i soldati italiani hanno fatto fuoco contro i civili. Mistificazioni per giustificare un'azione di guerra che ha fatto scorrere sangue di civili afghani. Proprio quello che nel loro ultimo editto avevano proibito. Infatti nel «manuale dell'Emirato ai mujahhedin» veniva vietato di compiere azioni che potevano provocare vittime civili. Così ieri non è stato. Su quella strada maledetta dove gli attentati sono all'ordine del giorno, oltre ai parà italiani, soldati di pace, sono stati uccisi 15 civili afghani. E ora gli strateghi da salotto diranno che si poteva fare un'altra strada più sicura come se in Afghanistan ci siano vie scevre dal rischio di attacchi. I talebani controllano il 95% del territorio, conoscono i movimenti delle truppe internazionali e di quelle afghane. Riescono a colpire persino i capi dei servizi segreti di Kabul. In Afghanistan la morte è sempre in agguato. Per un talebano morire è una vittoria. Per noi occidentali è sempre una sconfitta. La via d'uscita è quella di far sì che questi giovani parà non siano morti invano. Seppelliti dalle chiacchere di politici in pantofole.