La decisione sul Lodo Alfano non può impensierire il Cav
La filosofia del «lodo Alfano» non è solo politica, ma anche e soprattutto giuridica, visto che compensa il dimidiato diritto a potersi difendere di coloro che provvedono alle sorti della res pubblica. Quindi, a regola di bazzica, come si dice a Roma, la corte costituzionale non dovrebbe riservare letture negative e sorprendenti. Certo, contrariamente a quanto sognano alcuni autorevoli membri dell'esecutivo, il diritto, da noi, più che una scienza è un'arte e, talvolta, un'opinione politicamente marcata. Da questo deriva, alla fine, che è l'interprete o l'opinatore, che stabilirà, tirando la coperta più da una parte che dall'altra, se l'usbergo alle alte cariche dello Stato collida o meno con la Costituzione. Anche nell'ipotesi della bocciatura, non credo, però, che possa accadere alcunché di sconvolgente, rispetto alla continuità del buon governo messo in campo da re Silvio e, tantomeno, alla tenuta politica e psicologica del Cavaliere. Berlusconi, essendo leader non della chiacchiera, bensì del fare, potrà tutt'al più arrabbiarsi un po', ma solo per un minuto, subito distratto fertilmente dai problemi da sciogliere, richiamato, come gli è naturale, a rimboccarsi le maniche dal lavoro pressante e variegato a favore dell'italia e degli italiani. Niente drammatizzazioni, dunque, tant'è che una vera crisi politica, oggi, non farebbe comodo neppure alle opposizioni, in primis al Pd, che deve risolvere gravi problemi interni e di leadership, ricostruendo un'identità credibile e spendibile, programmando magari - si spera - un'opposizione incisiva e, però, utile al Paese. Il Pd ha bisogno di tempo, non di terremoti a Palazzo Chigi. Il «lodo Alfano», insomma, non è, di per sé, qualsiasi sorte gli sarà riservata il 6 ottobre prossimo, in grado di innescare spirali perigliose o l'effetto domino, invocato dai dissennati apocalittici e dai gufi catastrofisti. Male che andrà, si farà un lodo-bis, accogliendo, i rilievi della Consulta. Restano, tuttavia, due questioni di fondo, che questo Parlamento dovrebbe avere il coraggio di affrontare e avviare a soluzione, per evitare in futuro l'alea e l'impopolarità delle leggi ad personam: 1) la radicale riforma della macchina giudiziaria e dell'ordinamento, ridisegnati sulla richiesta dei cittadini di efficienza, equità, imparzialità, apoliticità e vera indipendenza, anche interna, del giudice; 2) il ripristino dell'immunità parlamentare, così come l'avevano pensata e articolata i padri costituenti, eliminando, magari, il rischio di farla diventare altro da sé, tipo un inaccettabile istituto per l'impunità di deputati e senatori. Ragionare anche criticamente sul «lodo Alfano» può schiudere orizzonti legislativi davvero virtuosi.