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La nostra vita pubblica s'è fatta torva, sulla politica grava un clima pesante, una greve coltre di mediatica violenza.

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Ciascunosembra convinto che il proprio prevalere dipenda dalla distruzione personale del competitore, dell'avversario. Non si pensa più a vincere una gara dimostrando d'esere i più veloci, no, si punta alle gambe degli altri, sperando d'azzopparli. Abbiamo passato l'estate leggendo dei costumi, non commendevoli, di chi ci governa. Sembra che anche per l'autunno si prepari la stessa minestra. No, basta. Sono convinto che la condotta privata di chi si candida a governare il Paese debba essere scandagliata e, nei limiti della decenza e del rispetto, conosciuta. A parità di altre condizioni, non è irrilevante sapere chi è aduso a mantenere le promesse, chi ritiene normale essere fedele alle scelte che ha compiuto, specie quando coinvolgono la vita di altri. Se un politico proclama il valore sacro della famiglia è giusto chiedersi come si comporta con la sua, o se, attirato dal valore, le ha moltiplicate. Ma esiste un limite, oltre il quale la vita pubblica si riduce letteralmente in mutande. Sperando, almeno, di conservarle. Non si esce da questa situazione facendo appelli alla buona volontà, magari invitando i giornalisti a soprassedere. Non funziona, e neanche è giusto. E' la politica che deve proporre qualche cosa di meglio, di più serio. Non serve a molto continuare a rimproverarsi chi ha cominciato per primo o chi l'ha sparata più truce, conta essere capaci di cambiare tono. Sia Berlusconi che i suoi avversari hanno potuto constatare che questo livello dello scontro non produce risultati, se non quello di degradare tutti. All'opposizione conviene piantarla di continuare a criticare quel che dice o quel che fa Berlusconi, cercando, piuttosto, di esporre quel che farebbero se fossero al suo posto. E a Berlusconi non giova il volto crucciato e teso di chi ritiene di dovere resistere da solo contro tutti, rendendo difficile anche l'operatività del governo. In altre situazioni ha dimostrato di sapere rompere le regole di un gioco ripetitivo e triste, ci provi anche adesso. La via d'uscita consiste nel tornare a parlare di quel che interessa la vita dei cittadini: la sicurezza, la giustizia (quella di tutti), la scuola, l'economia ed il lavoro, naturalmente. Questi sono i tempi su cui sfidarsi, questi i problemi con i quali misurare opinioni e soluzioni diverse. Se ci sono. Perché se continuiamo a tenerci sullo scivoloso piano di questi mesi, l'impressione che si diffonde è che sotto la rissa non ci sia nulla. Anzi, che la rissa serva proprio a mascherare il nulla.

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