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Fini: "Allusioni mafiose contro di me"

Gianfranco Fini

E il presidente querela Feltri

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{{IMG_SX}}Per tutto il giorno ha atteso un segnale. Un messaggio chiaro. Gianfranco Fini non vuole arrivare alla rottura, ma la situazione con Berlusconi si sta mettendo proprio male. A questo punto non si tratta più di fraintendimenti, incomprensioni. No, almeno a Montecitorio si sentono già in guerra. Elmetti indossati, armi pronte. I primi colpi sono già stati esplosi. Colpi di carta. Ma pur sempre colpi. Che succede? Accade che il direttore del Giornale, Vittorio Feltri, in un editoriale pubblicato ieri mattina torna alla carica. Accusa Fini e negli ultimi capoversi usa un argomento sibillino: «Oggi tocca al premier, domani potrebbe toccare al presidente della Camera. È sufficiente, per dire, ripescare un fascicolo del 2000 su faccende a luci rosse riguardanti personaggi di Alleanza Nazionale per montare uno scandalo. Meglio non svegliare il can che dorme».   Si parla di donne, prostitute, di una precedente inchiesta del Giornale che aveva acceso i riflettori anche su un alto esponente dell'Udc e uno del Pd che riportava carta processuali ormai vecchie di un decenio. Ci sarebbe anche un capitolo che riguarda An. Fini resta in silenzio. Nel tardo pomeriggio il suo avvocato, che è anche la presidente della commissione Giustizia (ovvero dell'organismo che dovrà prima o poi affrontare il disegno di legge sulle intercettazioni e la riforma dell'ordinamento giudiziario) Giulia Bongiorno annuncia che il presidente della Camera ha intenzione di procede con una querela.   A quel punto Fini aspettava ancora un segnale, sperava che dal quartier generale berlusconiano. Ma quando è arrivata una dichiarazione di Daniele Capezzone, portavoce del Pdl (e non di Forza Italia) che dava ragione a Feltri, gli uomini di Gianfranco hanno tutti immaginato che ormai non si poteva più scindere quello che scrive il direttore del Giornale da quello che pensa il Cavaliere. Di qui la scelta di mettere mano alle armi. Il siluro aprirà stamattina dalle colonne del Secolo, il giornale di An, che pubblicherà una nota non firmata (e dunque riconducibile alla penna del direttore e alla mente dell'editore, di fatto Fini): «Non sarà certo Feltri con i suoi sgangherati ultimatum ("Fini o cambia rotta o lascia il Pdl") a determinare i prossimi eventi all'interno del centrodestra. Con buona pace dell'interessato la politica ha dinamiche assai più profonde del pensiero di Feltri».   Poi l'affondo: «Una cosa è però intollerabile e moralmente infame: la minacciosa allusione mafiosa». Tiè, e beccati questa. I rapporti all'interno del Pdl stanno lentamente tracimando verso il conflitto. Una sfida aperta che riguarda i rispettivi giornali. Per ora. I due non si sono ancora sfidati a viso aperto. Poco ci manca ormai. In passato, all'epoca del predellino, fu Striscia la Notizia ad attaccare Fini e in quel caso Berlusconi prontamente lo raggiunse al telefono esprimendogli solidarietà. Il tg satirico sospese qualunque ironia su colui che all'epoca era ancora il leader di An. Stavolta non è accaduto nulla di simile. Indubbiamente Fini è caduto in quella che era a tutti gli effetti una provocazione. Ma sicuramente avrà valutato attentamente come procedere. Anche perché la giornata non era iniziata nel peggiore dei modi.   Con un'intervista del finiano Italo Bocchino (ormai parla come uno dei tre coordinatori del Pdl) minacciava una lettera di 50 parlamentari destinata a Berlusconi contenente un appello al rispetto delle posizioni non ortodosse. E allo stesso tempo, si augurava il volo delle colombe pacificatrici. Più tardi un editoriale di Alessandro Campi sulla newsletter di FareFuturo assicurava: «Gianfranco Fini non abbandonerà mai Silvio Berlusconi» e «il Popolo della libertà è e rimane il suo partito».

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