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«Stiamo attenti a non dare l'impressione agli elettori che siamo come il Pd che passa il suo tempo a litigare

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IlPdl è un partito coeso, il che non significa che è una caserma. Il dibattito non è mai mancato ed è normale quando si mettono insieme persone che vengono da esperienze politiche diverse». Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, da tempo veste i panni del diplomatico, di colui che smussa le polemiche che riannoda i fili, come nel caso del rapporto con il Vaticano. Fini ha criticato in modo duro la struttura del Pdl; ha detto che manca il dialogo. Insomma è tutto da rifare? «Il Pdl è nato da soli quattro mesi quindi ben vengano gli stimoli. L'obiettivo di Fini, penso, è quello di costruire un grande partito dove c'è il confronto, la selezione della classe dirigente. E questi sono elementi che noi tutti vogliamo e soprattutto lo vuole Berlusconi. Ma il dibattito interno non può apparire all'esterno come un litigio, o peggio, come il solito refrain sulla successione a Berlusconi. Il Pdl è un grande partito plurale ma dove c'è il rispetto per una linea condivisa. Dietro l'angolo c'è un grande rischio». Quale è questo rischio? «Bisogna evitare che la discussione interna sia percepita dagli elettori come il solito modo di fare politica, con liti e divisioni. Gli italiani vogliono un partito unito ed è questa la differenza rispetto al Pd. Il Partito democratico è nato mettendo insieme forzatamente diverse anime, il Pdl invece è nato su richiesta della gente e dalla condivisione di una serie di valori. Ognuno di noi, chi veniva da Forza Italia, chi da Alleanza nazionale, chi dai piccoli partiti, ha sottoscritto una carta dei valori che è quella del partito popolare europeo. Per me, come cattolico, è stata una sfida quella di condividere valori con personalità che vengono da altre esperienze politiche. L'importante è che la libertà di coscienza avvenga in una linea del partito. Il Pdl non è un partito anarchico. Non dobbiamo fare l'errore del 2006». Quello della discontinuità? Vi costò caro... «Proprio così. Nel 2006 dentro la coalizione è stato posto il problema della discontinuità e delle tre punte e si sono perse di vista le priorità. Il risultato è stato che abbiamo perso anche se per ventimila voti ma con la fatica di una campagna elettorale condotta anche al nostro interno». Con le polemiche torna la voglia di un Grande Centro, che ne pensa? «Abbiamo davanti grandi sfide, quali la ripresa economica, il sostegno alle famiglie, gli interventi per le piccole e medie imprese. Questa del Grande Centro mi sembra una illusione. Chi lo vuole dovrebbe misurarsi con il consenso elettorale non con quello di certe elite che vogliono abbattere Berlusconi. La verifica sarà alle prossime regionali. Io penso che l'Udc cercherà di allearsi con uno dei due schieramenti. Io penso che l'alleanza naturale per Casini sia con il Pdl». E il rapporto con la Lega? Le elezioni anticipate? «Chi vuol farci litigare con la Lega non ci riuscirà. Le elezioni anticipate? Una stupidaggine. La gente vuole che governiamo».

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