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Lehman Brothers, la responsabilità più grande è della politica

La crisi dei mercati

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Un anno fa fallì Lehman Brothers. L'impatto simbolico fece crollare la fiducia nel mercato globale, che precipitò. Da marzo il mondo è in ripresa. Ora è possibile analizzare con calma la storia della crisi, ripulirla dai miti, ed usarla come lezione per il futuro. Che la crisi sia nata perché la finanziarizzazione dell'economia è cattiva è il mito più importante da smontare. Il cataclisma iniziò alla fine del 2006 in America perché si incrociarono tre fattori, due sistemici ed uno contingente: la legislazione populista statunitense, in particolare dal 1997, che permette accessi senza controlli di consistenza al credito, in particolare ai mutui; la mancata regolazione del sistema finanziario da parte della politica, con la complicazione della nuova legge bancaria statunitense del 1999 che permetteva di spostare il risparmio verso speculazioni acrobatiche condotte con mezzi opachi; l'improvviso rialzo del costo del denaro per contenere l'inflazione, dopo un periodo di tassi minimi, che rese insostenibili per molti americani le rate a tasso variabile dei mutui.   Le insolvenze contaminarono i prodotti finanziari sintetici basati sui mutui stessi e ciò fece crollare la fiducia anche nel resto del ciclo finanziario globale, congelando la liquidità. Nell'estate del 2007 le Banche centrali iniziarono a compensarne la mancanza con azioni d'emergenza. Ma ciò finanziò la crisi e non la soluzione. Il credito restava bloccato, le banche restie a ricostruire i patrimoni e ripulire i bilanci, la Riserva federale senza poteri per costringerle, il governo, troppo influenzato da interessi privati, indeciso nel darglieli. Lehman Brothers fu lasciata fallire, probabilmente, per dare il segnale che così non si poteva andare avanti. In questa storia, pur semplificata, si trova facilmente che il colpevole principale è il sistema politico statunitense sia incapace di fare il mestiere di regolatore stando dietro alle innovazioni della finanza sia ammalato di populismo economico. Gli enti che erogarono e finanziarizzarono la gran parte dei mutui insolventi furono agenzie governative e non istituti privati. La finanza non regolata, ovviamente, divenne più acrobatica e predatoria per motivi di concorrenza. Ma la colpa principale è stata della politica. Anche in Europa. Qui le banche saltarono o andarono in crisi di liquidità, come in Italia, per il rapporto sbilanciato tra patrimonio e operazioni a debito, sintomo evidente di una mancata regolazione. La responsabilità politica è massimamente evidente nella crisi delle Landesbank in Germania possedute dagli enti locali. La finanziarizzazione è come la tecnologia nucleare. Se ben regolata produce tanta energia pulita a basso costo, se non lo è diviene distruttiva. La politica non ha ben regolato, o per incomprensione o per interessi opachi, l'industria finanziaria e questa si è inceppata. La demonizzazione del settore finanziario e le invocazioni di regolazioni punitive nasce dalla paura dei politici di farsi imputare e conseguente necessità di trovare un capro espiatorio. In realtà la finanza evoluta permette di rendere il capitale abbondante per l'economia reale. Va regolata non per comprimerla, ma per darle basi di certezza utili a reggere l'espansione del suo ciclo tecnico. Se la regolazione sarà restrittiva e non espansiva mancherà nel mondo circa 1/3 del capitale finanziario necessario alla ripresa e questa si trasformerà in stagnazione prolungata, anche in Italia. L'analisi realistica del passato serve ad evitare questo errore devastante nel prossimo futuro.

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