L'affondo di Casini contro Bossi "Senza la Lega? Si può fare"

Un discorso controllato fino all'ultimo momento. Ancora pochi minuti prima di arrivare sul palco, nel retrobottega Casini faceva vedere i piccoli fogli bianchi con gli appunti al suo amico Cesa. Consapevole che avrebbe di lì a poco lanciato più di qualche stilettata a Berlusconi, a Bossi, a Franceschini, al governo, passando per una serie di avvertimenti al suo stesso partito. E così è stato. Il leader dei centristi chiude gli Stati generali dell'Udc, un partito, dice, equidistante sia dal Pdl che dal Pd, e che deve essere propulsore del cambiamento. Un discorso di quasi due ore in cui l'ex presidente della Camera non risparmia nessuno. L'aria, infatti, è ben diversa da quella che si respirava esattamente un anno fa, nella festa centrista di Chianciano. Era il tempo post elezioni, con la vittoria schiacciante di Silvio Berlusconi. Era il tempo in cui il popolo dell'Udc aveva davanti tanti "se" e tanti "ma", non sapendo cosa significasse davvero fare opposizione al Pdl. La musica ora è diversa. E il Casini che ieri mattina è arrivato davanti alla sua platea, ne ha dato prova evidente. Sa di aver davanti un bivio importante, le Regionali. E sa che in questo momento la maggioranza naviga in acque agitate. Così ne approfitta per togliersi qualche soddisfazione. Attacca il presidente del Consiglio che lavora «senza confrontarsi con l'opposizione»; rilancia il progetto del grande centro; respinge al mittente le accuse su una «politica di convenienza» attuata dall'Udc. Ma soprattutto sferra l'affondo contro Umberto Bossi (la persona più citata in tutto il discorso): «Instilla veleno ogni giorno: prima le ronde, poi le gabbie salariali e la questione degli immigrati. Basta ai loro diktat. Le elezioni anticipate? Facciamole». E comunque, «Bossi non spaventa nessuno, se non lo zittisce Berlusconi ci mettiamo dieci minuti in Parlamento a fare una maggioranza contro di lui». In prima fila c'è tutto lo stato maggiore dell'Udc. Compreso il grande vecchio della Dc, Ciriaco De Mita. C'è Azzurra Caltagirone, che ascolta le parole del marito. Casini lancia il suo progetto e promette che stavolta fa sul serio: perché le ultime elezioni europee hanno decretato la morte del bipartitismo e hanno dimostrato che l'Udc è decisiva per governare. Parla forte dell'autorevole riconoscimento che la tre giorni ha avuto dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, co-fondatore del Pdl, e della quasi-adesione al progetto di Francesco Rutelli, «un fatto che parla da solo». È qui che allora Casini lancia qualche avvertimento al presidente del Consiglio, al suo essere troppo sbilanciato sulla Lega. Stia attento, tuona, a non «lacerare il Paese con conflitti corporativi», ascolti anche la voce dell'opposizione anzichè «passare il 90% del suo tempo ad insultare chi non la pensa come lui. Così porta l'Italia al macero». Ne ha anche per Dario Franceschini e la sua santa alleanza contro Berlusconi, «il miglior regalo che possiamo fare a Berlusconi stesso». C'è poi la partita fondamentale delle regionali. Casini non vuole vincoli, nessuna allenza organica nè con Pdl nè con il Pd. Così si deciderà caso per caso, e non «per la politica della furbizia», o per qualche assessorato. «A me non importa nulla se avremo un presidente della Regione o quattro assessori in più: mi interessa l'idea che un giorno, quando il Parlamento si scioglierà da qui nasca una forza trainante per il Paese». Domani martedì, partirà il tesseramento del nuovo partito di centro, forse si chiamerà Partito della nazione, ma il segretario Udc Lorenzo Cesa, fa sapere che non è stato ancora deciso. Il congresso fondativo ci sarà l'anno prossimo dopo le Regionali. Quello di ieri è stato un primo assaggio.