Adesso si scherza con il fuoco
Le chiacchiere stanno a zero: la secessione non è nel programma con cui lui e Berlusconi si sono presentati agli elettori nel 2008 e non può essere messa nell’agenda politica di soppiatto, poiché si finisce per fare danni e basta. Questo inizio d’autunno politico si sta rivelando tutto in salita per il Cavaliere, complice il fatto che la sinistra è entrata in un coma tanto profondo da sembrare irreversibile. In questa situazione impazza Di Pietro, Casini trova modo di sventolare la bandiera (assai logora in verità) del Grande Centro, Fini prende ogni possibile distinguo dal suo partito e dalla sua maggioranza. Tutti elementi che inducono Bossi ad alzare i toni, anche perché le regionali si avvicinano e lui vuole la presidenza del Veneto. Al tempo stesso però occorre ricordare che a tirarla troppo la corda si spezza. Già il Pdl mostra fibrillazioni notevoli in Sicilia, ci manca soltanto rispolverare il tema della secessione del Nord per aprire nuovi fronti polemici di cui nessuno sente il bisogno. Qui non si tratta di fare a Bossi il banale richiamo ai doveri del suo ruolo di ministro. Questo è argomento stucchevole e di scarsa valenza politica. Il punto è un altro ed è di ben maggiore portata. Qui si tratta di chiarire una volta per tutte se questa legislatura è capace di essere quella della svolta, nella quale la maggioranza di governo mette tutta la sua forza numerica al servizio delle riforme che da troppo tempo sono lettera morta. Avanti allora con il federalismo fiscale, con un Parlamento meno pletorico e più efficiente (abolendo il bicameralismo perfetto), con la contrattazione locale sulle retribuzioni per tenere conto del costo della vita, con un Pubblica Amministrazione al servizio dei cittadini invece del contrario, con scuole ed università dove il merito la fa da padrone, con l’abolizione delle province, con l’avvio di un serio progetto di riduzione delle tasse. C’è tanto da fare che bisognerebbe tenere deputati e senatori a votare dal lunedì al sabato, per sperare di approvare tutto entro la fine della legislatura. C’è insomma bisogno di una politica che cerca di fare qualcosa di buono oggi e non di chi butta in campo sogni discutibili. Il secessionismo appartiene al vecchio armamentario della Lega, che oggi è un grande (e serio) partito di governo. È un fantasma che va bene per il comizio, ma che finisce per dare fiato ai già numerosi nemici dell’esecutivo in carica. È prodotto spendibile in campagna elettorale, non quando devi governare. A meno che Bossi abbia altro in testa, ma allora ha il dovere di dirlo con parole chiare e definitive.