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Fini cancella il Centro

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Il presidente della Camera Gianfranco Fini

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Chianciano (Siena) - L'invito nasce per caso. Da una telefonata che qualche giorno fa ha ricevuto da Pier Ferdinando Casini. I due chiacchierano sull'agitazione che tiene banco nel dibattito politico, dopodichè l'invito del leader dei centristi: «Perché non vieni a Chianciano?». E Gianfranco Fini: «Va bene, vengo». Una partecipazione che fino a poco tempo fa era impensabile. Quasi impossibile. Lo stesso Casini, raccontano da via Due Macelli, non se l'aspettava. Eppure ieri, il presidente della Camera è salito sul palco del PalaMontepaschi di Chianciano, dove sono in corso gli stati generali dell'Udc. Davanti ad una platea soddisfatta per averlo «vicino». È ovvio che la partecipazione dell'inquilino di Montecitorio ad una location come questa, è percepita nei Palazzi come una mossa politica. Lui stesso accusa le «false dietrologie» fatte su questa sua decisione. In realtà però, i toni della terza carica dello Stato ieri sono stati ben diversi da quelli utilizzati l'altro giorno a Gubbio. Dove senza mezzi termini aveva lanciato stilettate a destra e a manca, dal partito al governo e soprattutto a Silvio Berlusconi. Qui a Chianciano indossa più che altro le vesti di presidente della Camera, facendosi garante di provvedimenti cari all'Udc quale quello sul testamento biologico. Attacca, o meglio replica. A Umberto Bossi che il giorno prima gli aveva dato del «suicida» sul voto agli immigrati lui risponde: un suicidio è «negare che accanto alla politica dei doveri verso gli immigrati c'è la politica dei diritti». Il sassolino dalla scarpa è tolto. Anche se è immediata la controreplica del leader del Carroccio: «Diritti sì ma a casa loro». È inutile dire che il presidente della Camera si rivolge alla platea in sala, affollatissima, parlando di temi a cuore dei centristi, utilizzando anche il loro linguaggio. Immigrazione, il rispetto della persona, il testamento biologico, il valore della politica. Tutte questioni interne al dna di via Due Macelli, e questo Fini lo sa bene. Come sa bene anche di avere davanti un pubblico che a suo tempo ha scelto di non schierarsi con Berlusconi e di tenersi fuori dal Pdl. Sarebbe facile quindi lanciare qualche affondo al Cavaliere e al partito. Ma non lo fa, lasciando per un giorno da parte le polemiche degli ultimi giorni con il premier. «Sono qui perché è un dovere del presidente della Camera nei confronti di un partito presente in Parlamento ed è un dovere di un esponente politico che ha posizioni diverse rispetto alle vostre confrontarsi e verificare se c'è convergenza». Mentre lui parla, i quattro relatori seduti alle sue spalle - Casini, Cesa, Adornato e Pezzotta - lo guardano soddisfatti. Qualche volta persino annuendo. Come per esempio quando Fini parla dell'immigrazione e dice che «l'immigrato clandestino è pur sempre una vita umana». Musica per le orecchie della gente Udc. O ancora quando, pur se con posizioni diverse, tratta di bioetica. Nello specifico, del testamento biologico, questione su cui l'ex leader di An ha più volte espresso la sua lontananza rispetto al testo della legge all'esame del Parlamento. Ricorda il caso di Eluana Englaro e auspica «un confronto sereno ed equilibrato in Parlamento e nella società civile». Ammette di avere posizioni diverse dal partito di Casini ma allo stesso tempo rassicura di «essere garante di ogni deputato, che avrà la libertà di esprimere la sua opinione, senza coercizione». Alla fine legge pure un passo del catechismo cattolico, sulla possibilità di accettare la morte del malato come un evento inevitabile, purchè non sia cercata o voluta. Il clima cambia invece quando Fini parla di bipolarismo, rispondendo in un certo senso alle parole di Lorenzo Cesa. Il segretario Udc, aprendo gli stati generali il giorno prima, aveva parlato di «bipolarismo rissoso e inconcludente». Fini non ci sta, spazza via ogni ipotesi di terzo polo, grande centro, o qualsiasi altro soggetto politico. E tutto questo concentrato in un breve passaggio con cui sottolinea la necessità di rafforzare il bipolarismo «chiudendo le porte a qualsiasi altra illazione». Dalle parti di Palazzo Chigi, dopo il timore iniziale innescato dalla notizia della partecipazione del presidente della Camera alla kermesse dell'Udc, ieri si è tirato un sospiro di sollievo. Leggendo come segnali buoni la frenata finiana delle ultime ore. A questo punto si aspetta il faccia a faccia tra Silvio e Gianfranco. Ieri sera c'è stato un primo contatto a Villa Madama, durante la cena dei presidenti delle Camere del G8. Ma bisognerà aspettare la prossima settimana, forse martedì, per il vero, possibile chiarimento.

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