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D'Alema, ora parlaci di Tarantini

Massimo D'Alema (Foto Pizzi)

Le quattro domande a "Baffino"

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  Una giornata interminabile di dichiarazioni e controdichiarazioni. Un ping pong serrato. E al centro c'è proprio il piatto forte della ristorazione barese, le "fave e cicorie", pietanza che Massimo D'Alema ricorderà tutta la vita. Galeotta fu la cena elettorale pagata dall'imprenditore Giampaolo Tarantini, il 28 marzo 2008. Galeotta fu la cena elettorale pagata dall'imprenditore Giampaolo Tarantini, il 28 marzo 2008, allo stato maggiore del Partito democratico, nel ristorante La Pignata, nel centralissimo corso Vittorio Emanuele, alla presenza del gotha dei primari della Puglia. L'episodio, sempre minimizzato sia da D'Alema che dal sindaco di Bari Michele Emiliano, è diventato di colpo rovente dopo la ricostruzione della serata offerta sul settimanale Panorama. Non si è trattato di un incontro fugace, come in primo momento raccontato dai protagonisti, ma di una «mangiata» vera e propria. E la disposizione dei posti nella lunga tavolata non lascia dubbi. Il proprietario dello storico locale barese, Franco Vincenti, racconta che D'Alema «era seduto accanto a Tarantini». L'imprenditore barese, intanto, passa al contrattacco dopo esser stato rinnegato come Gesù Cristo da San Pietro prima della Crocefissione.   In mattinata, sbarbato, con abito scuro e camicia bianca, si è presentato accompagnato dal suo legale, Nicola Quaranta, nella Procura di Bari: ha depositato un esposto per la pubblicazione sul Corriere della Sera del contenuto dei verbali di interrogatori a cui è stato sottoposto dal pm Giuseppe Scelsi. Nel documento si ipotizzano i reati di violazione del segreto d'ufficio e pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale. Stuzzicato dalle domande dei giornalisti, Tarantini ha puntualizzato: «Sbagliano quanti oggi dicono di non conoscermi o di non ricordarsi di me. Farebbero bene a ricordarsi chi sono». È presto detto a chi si riferisca. «Emiliano e D'Alema - ha specificato - hanno detto di non conoscermi: se ce lo chiederanno gli inquirenti forniremo tutte le indicazioni utili».   Il riferimento è alla famosa mangiata di «fave e cicorie». «Sì - taglia corto l'indagato - ma non dico nulla perché su quella cena sono in corso indagini da parte della Procura». La reazione del sindaco di Bari è scomposta e furente ma glissa sulle «fave e cicorie»: «Ove Tarantini non chiarisca immediatamente che non mi ha mai conosciuto, che io non gli ho mai chiesto alcunché e che non sono mai andato a casa sua lo querelerò senza indugio, perché ciò che ha dichiarato all'Ansa può far pensare che io non abbia detto la verità». Insomma si infuria ma non nega la cena. Dura la reazione di Massimo D'Alema: «Confermo che non ho mai avuto rapporti con Tarantini. Se sostiene il contrario, dica come, quando e dove». Eppure ci sarebbero le «fave e cicorie» degustate insieme che farebbero pensare almeno ad una «conoscenza superficiale»... Sornione in serata Tarantini si gode il successo della sua sortita scaccia-ipocrisia. «Sorvolo sui toni minacciosi ed offensivi del sindaco Michele Emiliano, ma mi rallegra sapere che siamo d'accordo sull'unica cosa che io ho sempre dichiarato: cioè che abbiamo cenato insieme». Infine è in arrivo anche un esposto del ministro Raffaele Fitto. Il suo legale, il deputato Pdl Francesco Paolo Sisto reagisce così alla pubblicazione su un quotidiano nazionale di un articolo nel quale «si enfatizzava l'esistenza di conversazioni telefoniche, seppur irrilevanti, tra Gianpaolo Tarantini e Raffaele Fitto». «Non è possibile - conclude Sisto - che si continui sistematicamente a leggere atti e fatti di indagine coperti da segreto sulle pagine dei giornali».

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