Quelli che rimangono attaccati alla poltrona
Mala questione non riguarda solo il partito del premier, anche la Lega ha i suoi «doppisti». L'ultimo caso risale ad appena due giorni fa. Silvio Berlusconi annuncia che ha intenzione di nominare un paio di sottosegretari, uno all'Economia e uno allo Sviluppo Economico. In realtà non lo potrà fare, a meno che non cambi la legge che fissa a 60 il tetto massimo per i membri dell'esecutivo. In realtà il capo del governo pensava che qualcuno si sarebbe dimesso. Pensava. Almeno così avrebbe imposto la logica. In particolare immaginava che avrebbe mollato il posto di vice di Tremonti Daniele Molgora che a giugno è stato eletto presidente della Provincia di Brescia. Uno pensa: vabbè, ora mollerà l'incarico al ministero; come si fa a fare su e giù Brescia-Roma. E invece no. Anche i leghisti si sono fatti prendere dall'arraffa-arraffa. Acchiappa la cadrega, direbbe Bossi. E col cavolo che la mollo. Ovviamente mi tengo pure il doppio stipendio. Così il dottor-onorevole-presidente-sottosegretario Molgora dovrà dividersi tra i problemi di bilancio della provincia e quelli degli italiani, spartirsi tra la festa della patata di Gottolengo e l'applicazione del federalismo fiscale. Sarà contento Tremonti che si troverà un collaboratore a mezzo servizio. Sarà felice chi si aspettava, una donna, dopo aver combattuto e magari vinto le battaglie parlamentari, una promozione nella squadra di governo. Dal Nord al Sud. Berlusconi più volte ha ribadito che è necessario un cambio di classe dirigente. E non c'è dubbio che i suoi hanno dimostrato di aver imposto una vera svolta al costume politico. In peggio. Tutti e tre i nuovi presidenti di provincia che sono stati appena eletti nella tornata di giugno non hanno mollato la poltrona precedente. Cosimo Sibilia, che ha vinto ad Avellino, è rimasto sprofondato anche nel suo scranno al Senato e Luigi Cesaro, che ha strappato Napoli al duo Bassolino-Jervolino, s'è incollato alla poltrona di deputato. Ma nessuno è riuscito ad arrivre alla performance di Edmondo Cirielli, eletto presidente della Provincia di Salerno e che è rimasto deputato e persino presidente della commissione Difesa della Camera. Il tenente colonnello in aspettativa Cirielli si darà da fare tra il barocco di Mercato San Severino, la guerra in Afghanistan e il voto in aula sul testamento biologico; tra i riti e le tradizioni da tutelare a Nocera Inferiore, i compensi ai militari e la prossima discussione sulla Finanziaria in epoca di crisi; tra la variante al piano regolatore di Padula, l'indagine conoscitiva sull'acquisizione dei sistemi d'arma, delle opere e dei mezzi direttamente destinati alla difesa nazionale, a venti anni dall'entrata in vigore della legge 436, il dibattito sulle riforme istituzionali. Diciamola tutta, se il Sud è in mano a questi qua, se questo è il nuovo che avanza che il Pdl è in grado di proporre, aridatece la sinistra. Anche Bassolino provò a tenere un piede in due scarpe pensando di poter fare allo stesso tempo il sindaco di Napoli e il ministro del Lavoro ma durò sette mesi dopo di che nella sua città vi fu una vera e propria sollevazione popolare. Il malcostume del doppio incarico non risparmia nessuno. Maria Teresa Armosino è deputata e anche presidente della provincia di Asti, Antonio Pepe deputato e presidente della provincia di Foggia. E anche Roma non è esente anche se in principio il sindaco Gianni Alemanno aveva stabilito una regola chiara: o assessori o deputati con la sola eccezione del vicesindaco Mauro Cutrufo che sarebbe rimasto senatore come da accordi presi già in campagna elettorale. Poi anche il primo cittadino della Capitale ha mollato la presa e ha chiamato in giunta (affidandogli la delicata delega del bilancio) Maurizio Leo che è anche deputato. E ha riconfermato Alfredo Antoniozzi che si occupa di Patrimonio e Casa ed è stato appena rivotato quale eurodeputato. Certo, andrebbe considerata una sorta di zona franca proprio per la Capitale. Muoversi tra Campidoglio e Palazzo Madama non è la stessa cosa che dividersi tra due città a seicento chilometri di distanza. Infatti Cutrufo riesce ad essere assiduo al Comune e mantenere tassi elevati di presenza in Aula al Senato. Tuttavia, qualunque sia la soluzione migliore spetterebbe anzitutto ai due co-fondatori del Pdl, Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, stabilire una regola. Invece di litigare sul nulla i due dovrebbero comprendere che è arrivato il momento di fissare norme interne. Almeno di buon vivere.