Napolitano parla, il Csm se ne frega
{{IMG_SX}}Ieri, durante il plenum del Csm, la corrente di sinistra dei giudici, che rappresenta la maggioranza all’interno dell’organismo, è tornata ad esprimere giudizi pesanti sul Presidente del consiglio. Approvando quattro pratiche a tutela di magistrati che sono stati coinvolti nella polemica con il Cavaliere. Una reazione rabbiosa, nonostante il Presidente della Repubblica, in mattinata, avesse inviato una lettera a Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, nella quale chiedeva di «affrontare con serenità ed equilibrio» il dibattito sullo scontro con il premier. Un invito che Napolitano ha fatto sia nella veste di presidente dell'organismo sia in funzione politica per cercare di «spegnere» la polemica, violentissima, aperta da troppo tempo tra Berlusconi e i giudici. Ma facendo capire che ad abbassare toni, proteste e accuse stavolta devono essere i magistrati. Pronti ad invocare, ogni volta che il Presidente del consiglio parla di riforma della giustizia o di attacchi «strumentali» da parte delle toghe, la difesa della loro indipendenza e imparzialità. Nella lettera, letta ieri mattina da Nicola Mancino in apertura del plenum, il Capo dello Stato «auspica che l'esame delle pratiche a tutela avvenga con serenità ed equilibrio, in linea con la esigenza di fare responsabile e prudente uso di un istituto che si giustifica solo quando è indispensabile per garantire la credibilità della Istituzione nel suo complesso da attacchi così denigratori da mettere in dubbio l'imparziale esercizio della funzione giudiziaria e da far ritenere la sua soggezione a gravi condizionamenti». «Non anche — conclude Napolitano — quando mira a garantire la reputazione dei singoli la cui tutela, come per tutti i cittadini, è rimessa alla iniziativa dei magistrati interessati». Un avvertimento, insomma, a non travalicare le prerogative che sono assegnate al Csm. Il risultato? Un invito ignorato. Anzi, quasi disprezzato. Il segretario dell'Anm, Giuseppe Cascini, ha addirittura replicato con durezza a Napolitano, affermando che l'appello alla moderazione «andrebbe rivolto in primo luogo a quegli esponenti politici che sempre più si avventurano nell'uso di espressioni non adeguate alle cariche istituzionali che ricoprono per definire comportamenti e condotte di magistrati impegnati in contesti difficili e in indagini difficilissime». Così, nelle sette pratiche a tutela delle toghe, ben quattro riguardano uffici giudiziari che hanno avuto uno scontro con il premier: tra questi Milano (uno dei quali in relazione al processo Mills e alla presidente Nicoletta Gandus), Napoli e Palermo. Pratiche approvate a maggioranza, con l'astensione di Nicola Mancino e con il voto contrario dei consiglieri laici del Pdl. Ma i giudici non si sono accontentati. Dopo aver accompagnato i documenti con un'altra serie di attacchi a Berlusconi — «ha rivolto gravi accuse ai pm, dimostrando un chiaro tentativo di delegittimare la magistratura» — i quattro togati del centrosinistra (Vincenzo Siniscalchi, Celestina Tinelli, Letizia Vacca e Mauro Volti) hanno chiesto l'apertura di un'altra pratica a tutela dei magistrati contro Silvio Berlusconi per le parole pronunciate dal premier tre giorni fa, quando a Milano ha parlato di «follia» e di «inutili sprechi» finanziari perpetrati dalle procure di Milano e Napoli. Una richiesta giudicata «inammissibile» dal plenum. Ma che comunque fa carta straccia della lettera con 'invito alla «serenità e all'equilibrio» di Giorgio Napolitano.