Fini: "Contro di me indegno stillicidio"
GUBBIO - Fini ha parlato in uno degli appuntamenti storici di Forza Italia, avendo nelle prime file tutto il gotha del Pdl. Il tanto atteso intervento del presidente della Camera è arrivato e, come era prevedibile, è stato senza mezzi termini. Governo, partito, alleanza, Lega, immigrazione, testamento biologico. Tutti temi su cui Fini non ha mai smesso di dire la sua opinione. Quello che arriva nella grande sala dell'hotel ai Cappuccini è un uomo che ha voglia di parlare, che risponde punto per punto a tutti gli attacchi mossi contro di lui negli ultimi giorni, che ribadisce le sue posizioni, chiarendole ulteriormente. Parla e guarda negli occhi i suoi interlocutori. Non fa nomi particolari, se non quello inevitabile, Silvio Berlusconi. Senza attaccare però, come alla vigilia si temeva. Ma per dire: «Ora basta, nel partito serve un cambio di marcia». Arriva nella cittadina umbra nel primissimo pomeriggio, accolto dal padrone di casa il ministro Sandro Bondi. Abito grigio chiaro, cravatta blu, abbronzatura intensa. L'ex leader di An, prima di salire sul palco non vuole parlare con i giornalisti: sa che c'è molta attesa per il suo intervento, e non solo nell'albergo di Gubbio, ma anche nei Palazzi romani. Subito dopo il discorso di apertura di Bondi, tocca a lui. E comincia innanzitutto dalla sua persona: «Non sono un folle, nè un "compagno travestito", nè aspiro a fare il Capo dello Stato». Parole basate sulle tante polemiche degli ultimi giorni, risposte alle sue prese di posizione così distanti dal presidente del Consiglio. Il punto centrale di tutto il discorso dell'inquilino di Montecitorio resta sempre uno, il Pdl, «un partito che è come la temperatura di Bolzano, non pervenuta»: il suo non agire, il suo non essere un luogo di confronto, il suo essere semplicemente «un organigramma». Stoccate che di certo non fanno piacere ai coordinatori di via dell'Umiltà (Denis Verdini ha fatto sapere di non gradire «cazziatoni» perché i mesi a disposizione sono stati solo quattro e densi di scadenze), tutti presenti in sala. «A Berlusconi ho detto che dal 27 marzo non si è deciso nulla ed il punto è proprio questo: non è possibile che non si sia deciso nulla». Tradotto, basta annunci, stop agli specchietti per le allodole, c'è bisogno di cose concrete. E snocciola: «Non ho tra le letture preferite il Capitale, quindi non posso essere liquidato come un "compagno"; non aspiro al Quirinale, tutt'al più posso prendere il posto di Ban Ki Moon e non ho lo scolapasta sulla testa e quindi non posso essere preso a randellate come dice Bossi». Il leit motiv dell'intero intervento di Fini è l'esigenza di fare, di proporre, mettendo in luce, perché no, anche posizioni diverse. «Non rinuncio alle mie idee», tuona Fini. «Dico no al pensiero unico». Su temi come immigrazione e testamento biologico le sue posizioni rimangono le stesse, invocando anche qui un necessario confronto senza preclusione di sorta. C'è poi un passaggio del discorso che getta benzina sul fuoco, innescando l'immediata reazione dei relatori al dibattito, e che stona a tal punto da costringere più d'uno a precisare e chiarire le parole dell'ex leader di An. L'argomento è di quelli roventi, da sempre a cuore per Berlusconi: la giustizia. Fini invita il Pdl a fugare ogni possibile sospetto di voler contrastare l'azione dei giudici sulle stragi di mafia dell'inizio degli anni '90. «Mai, mai, mai dare l'impressione di non avere a cuore la legalità e la verità», dice. «Sono convinto quanto voi dell'accanimento giudiziario contro Berlusconi, ma non dobbiamo lasciare nemmeno il minimo sospetto sulla volontà del Pdl di accertare la verità sulle stragi di mafia. Se ci sono elementi nuovi, santo cielo se si devono riaprire le indagini, anche dopo 14-15 anni! Soprattutto se non si ha nulla da temere, come è per Forza Italia e certamente per Berlusconi». C'è imbarazzo in sala, anche un pizzico di incredulità per quanto Fini ha appena detto. Comincia così il coro delle repliche. Cicchitto: «Certamente vanno cercati i colpevoli, ma va evitato qualsiasi tentativo di intossicazione della vita politica italiana». Gasparri: «La magistratura sulle stragi si è già pronunciata e ci sono già i colpevoli. Non vorrei che la riapertura delle indagini servisse ad ordire manovre, a me queste cose non convincono». E alla fine ci pensa La Russa a rettificare e gettare acqua sul fuoco: «Fini ha sottolineato la solidarietà a Berlusconi, perseguitato in questi anni». E aggiunge: «Poi è chiaro che da presidente della Camera dice che se ci sono nuovi elementi o indizi, è giusto che si vada a cercare la verità». Il coordinatore nazionale incalzato dai cronisti sulle stoccate al partito, replica in modo secco: «Fini sbaglia, quello che abbiamo fatto ci soddisfa». Certo si può ancora fare, spiega il ministro della Difesa, e lo faremo. «E la battuta della temperatura di Bolzano?», chiede un cronista. La replica: «Evidentemente Fini ha un termometro che funziona male».