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L'offensiva di Fini scuote il Pdl

Gianfranco Fini

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Fini spacca il Pdl. Il presidente della Camera è diventato un problema per il centrodestra. Le sue dichiarazioni sull'immigrazione, sul biotestamento e persino sui gay stanno scavando un solco nel Pdl. Berlusconi ieri è intervenuto con una nota per prendere le distanze da un polemico editoriale del direttore del Giornale Vittorio Feltri contro il «compagno Fini». Non senza però aver lanciato prima uno strale al presidente della Camera sul tema dell'immigrazione. Feltri aveva definito «vergognoso» l'attacco di Fini sulla vicenda Boffo e aveva accusato il presidente della Camera di «rinnegare il passato e fare retromarcia su ogni cosa: dall'immigrazione al biotestamento e persino sui gay». Per Feltri, Fini si sta smarcando dal Pdl perchè vuole puntare al Quirinale. Di qui il consiglio: «rientra nei ranghi, torna a destra per recitare una parte in cui sei più credibile». In serata è arrivata la nota con la quale Berlusconi prende le distanze da Feltri. «Non ero a conoscenza dell'articolo di cui non posso condividere i contenuti. Confermo invece al presidente Fini la mia stima e la mia vicinanza». Il premier si smarca ma in mattinata a «Mattino Cinque» non aveva risparmiato una frecciata all'indirizzo di Fini sulla questione dell'immigrazione rimarcando la contrarietà ad accelerare i tempi per ottenere la cittadinanza e a concedere il diritto di voto agli immigrati. Una posizione invece sostenuta dalla sinistra che «così immagina di garantirsi una futura preminenza elettorale» e condivisa da Fini. Frecce al curaro tant'è che subito il periodico on line della Fondazione Farefuturo, vicina a Fini, fa quadrato attorno al presidente della Camera.   Filippo Rossi parla di «polemiche già sentite» e dice che Fini sta facendo «il suo mestiere». Che è quello di «analizzare i problemi e cercare soluzioni. Senza essere succube di ideologie prive di vita e senza inseguire schematismi imposti da altri». Segue un articolo di Pier Paolo Segneri, componente della Giunta esecutiva dei radicali, che rivendica a Fini un «posto al centro rispetto agli schieramenti del nostro vecchio bipolarismo neo-consociativo o, peggio, dell'intramontabile monopartitismo imperfetto o, meglio, partitocratico». Pertanto, scrive Segneri, «chi sostiene che Fini dice cose di sinistra come pure chi afferma che invece no, dice cose di destra, tutti costoro sono ancora chiusi in una visione stantia e vetusta della realtà politica». A difesa di Fini si alzano altre voci della destra del Pdl. Il vicecapogruppo dei deputati del Pdl Italo Bocchino attacca Feltri dicendo che ignora «i sondaggi secondo i quali Fini è il politico più amato dagli italiani dopo il Capo dello Stato. La credibilità si conquista anche sostenendo tesi scomode e minoritarie e Fini ha avuto il coraggio di intraprendere questo percorso». Donato Lamorte ironizza: «La destra che Feltri vuole cucire attorno a Fini è un costume di carnevale, una maschera». Roberto Menia è più provocatorio. Dice che il Pdl non può essere «una caserma» ma deve crescere, sviluppare idee forti. E poi «non si possono imputare a Gianfranco Fini i problemi del Pdl». Il ministro Andrea Ronchi sottolinea che le posizioni di Fini «hanno piena cittadinanza nel Pdl visto che egli ne è cofondatore». Il direttore del «Secolo» Flavia Petrina, ribatte all'invito di Feltri di «rientrare nei ranghi» dicendo che la destra italiana non ha nessuna intenzione «di tornare nelle fogne», ma vuole essere una destra europea. Purtroppo però i «teorici dell'ordalia quotidiana» stanno trasformando il Pdl in un «partito becero con la bava alla bocca, che abbaia contro gli avversari e ora anche contro gli alleati».  

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