Cossiga: "Gianfranco dimettiti, fai un gruppo e combatti"
Se ne sta sprofondato nella sua poltrona. Sommerso dalle tecnologie. Tv di ultima generazione, due I-Pod, termometri, una radio wi fi, una miriade di telefonini. Chiede al suo consulente informatico: «Quanti ne ho?». E quello: «Presidente, ne ho contati 26. Ma ce ne sono altri. Saranno una quarantina». Francesco Cossiga si diletta così. Sempre più tecnologico, cincischia tra telecomandi e computer sempre più piccoli. Guarda Sky e riascolta le parole che Silvio Berlusconi ha pronunciato in mattinata sul testamento biologico, di fatto annunciando che il Pdl andrà avanti. E lui, l'ex presidente della Repubblica, sorride. Così, a mezza bocca. Sornione. Gattesco. Presidente, Fini è ancora di destra? «Fini l'ho conosciuto tanti anni fa. Era davvero un ragazzo, era il pupillo di Almirante. Deve sapere che io ero molto amico di Almirante». Come nacque questa amicizia? «Eravamo giovani deputati nel 1958. E diventammo vicini di banco prima in commissione Finanze e poi in quella Affari Costituzionali. Quindi amici, anche se io provenivo da una famiglia antifascista e repubblicana anche quando l'Italia era fascista e monarchica. Una volta ci mettemmo a passeggiare sotto braccio in Transatlantico. Erano gli anni in cui quelli del Msi erano emarginati. Ci guardavano tutti». E Fini? «Di Fini ricordo l'ultima volta che vidi Almirante, in ospedale. C'era donna Assunta che teneva in braccio il nipote Luca. E un passo dietro Fini». Che impressione le fece? «Fini? Un gran signore, una persona molto cortese e molto rispettoso. Ho conosciuto il Fini neofascista, più fascista di Almirante. Poi ha fatto bene il parlamentare perché sa parlare bene. E ha fatto bene anche il ministro degli Esteri». Oggi che cosa pensa del nuovo Fini? «Ci sono alcune posizioni che condivido. Per esempio sull'immigrazione, visto che si tratta di una posizione molto vicina a quella della Chiesa. E sono d'accordo anche sull'abbassamento a cinque anni della soglia per ottenere la cittadinanza». Che cosa non condivide invece? «Il fascismo come male assoluto. Neanche in campo religioso si usano quelle espressioni. Neppure un anglicano che si fa cattolico potrebbe usare quelle espressioni della sua Chiesa di provenienza». È facile immaginare che non condivida il Fini sul testamento biologico. «No, come anche quello sulla fecondazione assistita. Guardi, ai miei tempi era consuetudine consolidata che i presidenti delle Camera non intervenissero su argomenti all'ordine del giorno delle assemblee. Le dirò di più, non intervenivano neppure su argomenti di attualità politica. Una volta ebbi modo di rilevarlo e mi chiamò Bertinotti, allora alla guida di Montecitorio. E mi fece notare che ormai non era più così, che la mia era una visione antica e mi citò anche uno lavoro del professor Ferrara a proposito proprio del ruolo dei presidenti». Senta presidente, stavolta però si sta verificando un fatto forse nuovo. «Quale?». Il presidente della Camera è in straordinaria sintonia con quello della Repubblica. Anche in passato accade che un segretario del Msi si autoelesse portavoce del presidente della Repubblica. Quel segretario si chiamava Fini, ma sarà un caso di omonimia, ma al Quirinale c'era lei. «Sì è vero. Non era il solo però. Anche i socialisti, i liberali e parte del mio partito, la Dc, fecero lo stesso. Oggi però mi pare ci sia una consonanza di fatto tra il presidente della Repubblica e Fini». Non c'è il rischio che si crei una confusione proprio sul prossimo grande tema all'ordine del giorno della politica, il testamento biologico. «Di quale confusione parla?». Be', i presidenti della Repubblica e della Camera sembrano essere contrari al testo approvato a Palazzo Madama; quelli dello Senato e del Consiglio invece sembrano favorevoli. «Il rischio c'è ma ci ha pensato Schifani a sgombrare il campo difendendo Napolitano da eventuali attacchi. Ora bisognerà vedere che cosa farà Fini». E che farà secondo lei? «È possibile che conceda il voto a scrutinio segreto e allora si verificherà che un pezzo del Pd voterà a favore della legge e forse qualcuno del Pdl si esprimerà per il no». Se Fini decidesse di scendere dallo scranno più alto, sedersi tra gli altri deputati e votare per il no? «C'è solo un precedente nel Senato Regio quando il barone Manno, viste le difficoltà del governo, lasciò al vicepresidente e votò per Cavour. Era il 1852 se non ricordo male. Se fossi Fini prenderei una decisione più chiara». Quale? «Mi dimetterei da presidente, formerei un mio gruppo parlamentare e farei una battaglia a viso aperto». Ma come? È uno dei fondatori del Pdl... «Forse non ne è mai stato molto convinto. l'ha fatto perché glielo hanno detto i suoi. L'hanno un po' costretto». Ma Fini oggi che politico è? È ancora di destra? «Direi che è un radicale. Intendo dire un radicale del vecchio partito radicale. Un laicista, un laico. Se decidesse di fondare questo nuovo gruppo parlamentare potrebbe chiamarlo proprio "gruppo radicale", visto che non è più presente in Parlamento». Presidente ma è pur vero che la destra, soprattutto la nuova destra europea, è tutta laica. «Non c'è dubbio. Infatti anche la Dc veniva considerata come un partito riformista». Intanto Berlusconi annuncia che il Pdl di fatto sosterrà il testo sul biotestamento tanto caro alle gerarchie ecclesiastiche. Pochi giorni fa aveva detto che avrebbe lasciato ai deputati del Pdl libertà di coscienza. Sta cercando di ricucire con il mondo cattolico? «Il mondo cattolico... Diciamo che è molto più complesso. Sono daccordo con quanto ha spiegato il cardinale Bertone, ovvero che solo in Italia si fa risalire al Vaticano qualunque pensiero di qualunque vescovo. Però mi ha sorpreso come anche da parte del Vaticano ci siano state critiche personali. Voglio dire: quando Pio XI scrisse la prima enciclica in lingua volgare e condannò il nazismo non citò Hitler o Goebbles. E quando condannò il comunismo non citò Stalin. Oppure la scomunica di Pio XII nella quale non era contenuto il nome di Togliatti». E lei? Che cosa ne pensa? «Quello che le posso dire è che proprio ieri ho disdettato l'abbonamento a Famiglia Cristiana. Basta. Ho mandato una mail, ormai si fa tutto per mail». Presidente, si ricomincia a parlare di Grande Centro. Stavolta è un'ipotesi realizzabile? «No. In questa settimana però ci sarà la convention dell'Udc e penso ci andranno alcuni esponenti teodem». Ci andrà anche Francesco Rutelli? «Lo sa che l'ho visto proprio poco fa? Non gliel'ho chiesto». Ci sarà una scissione nel Pd? Una miniscissione? Una scissioncina? «Penso che qualcuno andrà via, non c'è dubbio. Bersani è un vecchio comunista e certamente farà del Pd un partito più laico». D'Alema sembra in difficoltà per le inchiesta pugliesi. Eppure proprio lui aveva avvertito di «scosse» nei confronti di Berlusconi. Un abbaglio? «No, assolutamente. Rilegga bene che cosa disse D'Alema quel giorno. Era un avvertimento rivolto ai suoi: attenti, sta per arrivare una scossa. Berlusconi non c'entrava nulla». Rischia anche il Pd dalle inchieste pugliesi? «Lo sa quanti anni ho io?». A memoria non ricordo. «Ne ho 81. Prima che veda la sinistra finire male per effetto della magistratura dovrò arrivare a 100. Forse a 110». Anche quest'indagine verrà insabbiata? «No, andranno avanti. Ma poi giocheranno con le prescrizioni e finirà tutto. D'altro canto fecero così anche con Mani pulite. Si dissero: mica possiamo fare la guerra con tutti. E salvarono il Pci». Come finirà il lodo Alfano? «Si è aperta una trattativa. Alfano ha detto che vuole andare avanti, non si sa su che cosa. Ora si discute. Noi molliamo la riforma e voi non toccate il lodo. Letta parlerà con il capo di Magistratura democratica e troveranno un'intesa. Magari potrebbe essere l'astensione della Gandus nel caso Mills. Anzi, sa che le dico? Ora che ci penso potrebbe essere una buona intesa». Come una trattativa? «Massì, è sempre successo così. Lei ha mai visto una riforma della giustizia fatta dal centrodestra? Ogni volta che si inizia, si tratta e non si fa nulla». Presidente, e il Quirinale? Che deve fare il Capo dello Stato? «Parlare dei più importanti temi di attualità. La musica, anzitutto. La poesia. Cristoforo Colombo. E poi Dante. Come si può dimenticare Dante? Basta spulciare qualche libro, cercare qualche ricorrenza di Dante. Vuole che non se ne trovano? Una bella celebrazione e via». E che fa? Parla per anni di Dante? «Certo. Quando avrà finito gli argomenti può intervenire su Boccaccio. Quindi Petrarca. poi la musica. Rossini, evitando di dire che poi andò a vivere a Parigi magari».