"Per la mie vignette assalti solo da sinistra"
È rimasto sorpreso che l'ex capo del governo D'Alema non si ricordi della querela nei suoi confronti per la vignetta sulla «sbianchettatura» del dossier Mitrokhin e che la giornalista del Corriere che lo ha intervistato si sia ben guardata dal ricordarglielo? «Capisco questo atteggiamento perché c'è sempre stata una timidezza reverente nei suoi confronti da parte dei giornalisti. D'Alema mi querelò nel 1999 per una vignetta sulla lista dei comunisti pagati dal Kgb. A quei tempi lui era il Presidente del Consiglio ed era stato l'ultimo presidente del Consiglio a non volerla pubblicare. Oggi D'Alema mente. Quando ha ritirato la querela nei miei confronti, nel 2001, lui non era più il capo del Governo. In quel periodo i suoi stessi compagni gli avevano fatto il vuoto intorno per la querela per la quale andai via da Repubblica». Perché D'Alema ritirò la querela? «Decise di presentarsi da quello.... come si chiama?!... Michele Santoro! Era il periodo successivo allo scontro su Satyricon di Daniele Luttazzi. In quell'occasione D'Alema tirò fuori un foglietto del mio avvocato Corso Bovio dicendo che quella che avevo fatto io era satira. E ritirò la querela». Perché se ne andò da Repubblica? «Nessuno mi difese nel 1999. Tanto meno l'Ordine dei giornalisti. In tanti anni ho ricevuto querele solo da esponenti della sinistra. Non mi ha mai difeso nessun esponente di sinistra. Quando disegnavo Craxi e lo dipingevo come un "duce" mi telefonava Sandro Pertini per dirmi che il capo del governo di allora era antifascista. Io gli rispondevo che non pensavo che Craxi fosse fascista, ma volevo solo dipingerlo come "duce della politica". Sono sempre stato querelato da sinistra perché gli uomini di sinistra sono nemici della satira». Ai tempi di Repubblica come venivano viste le sue vignette sulla sinistra e cosa le dicevano quando attaccava i leader del centrosinistra? «A Scalfari arrivavano continuamente le telefonate dei politici contro le mie vignette. I direttori dei giornali, negli anni, hanno maturato la convinzione che la satira è un rischio per le querele miliardarie dei politici. In tanti anni di pressioni, la sinistra ha ottenuto quello che voleva: si sono fatti la loro satira, la loro cultura. La televisione è dominata da loro. Io non vado mai in televisione. Ma quando ci vado sono dolori. Dopo la prima puntata della trasmissione arrivano le telefonate dei politici e io sparisco. Ricordo le telefonate di Enrico Berlinguer e io sparivo. Repubblica era quasi un giornale liberale nel 1976. Poi sono arrivati questi ragazzi del '68 e il clima è diventato più difficile per me che non amavo girare per le redazioni perché il clima non era dei migliori. Le mie vignette venivano messe sotto processo e Repubblica non mi ha mai difeso come avrebbe dovuto. Ed era dovere di Ezio Mauro farlo perché erano d'accordo con D'Alema per farmi fuori». Qual è il risarcimento più grande che le è stato chiesto? «Quando mi ha querelato Ciriaco De Mita chiedendo 5 miliardi di lire solo perché lo avevo accostato a Calisto Tanzi. "Questo" (De Mita ndr) mi ha chiesto tutti quei soldi per quelle vignette. Per non parlare delle minacce di Romano Prodi che mi diceva: "Sono indignato". Questa situazione ha creato una situazione di autocensura nella satira verso la sinistra. Ma se attacchi Silvio Berlusconi diventi un eroe....».