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"Caso Recco, parli Alfano"

Roberto Castelli

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«Vede quel giudice di pace che manda di fatto "«assolto" un immigrato accusato del nuovo reato di clandestinità perché si tratta di un fatto "tenue"? È una cosa che accade soltanto in Italia», aggiunge l'ex Guardasigilli. Che cosa, senatore, accade solo da noi? «Che viene fatta una legge e poi il magistrato, invece di fare il suo dovere che è quello di applicarla, decide quali sono le parti da prendere in considerazione. Le altre le ignora».  Come le ignora? «E già, succede così. Ci sono magistrati che si sentono in diritto di stabilire che di una legge si possono applicare solo le parti che si condividono. È una visione ideologica del proprio lavoro». Senatore, il caso di Recco rischia di mandare a monte una parte fondamentale della legge. La decisione del giudice di pace potrebbe fare giurisprudenza. «Non c'è dubbio. Infatti mi auguro che il ministro della Giustizia intervenga immediatamente». E che cosa dovrebbe fare? «Guardi, non mi permetto di dare suggerimenti all'attuale ministro. Però io, quando ero Guardasigilli, in casi analoghi, avviavo immediatamente un'azione disciplinare e chiedevo al Csm di intervenire. In questo caso però prenderei nota del nome del giudice e, quando scade il mandato, non lo riconfermerei». Ed è servito a qualcosa? «È servito fin quando si arriva al Csm. I magistrati togati non sono cittadini italiani e dunque rispondono solo a loro stessi di quello che fanno. E a quel punto si autoassolvono». Suvvia, senatore, non esageri. «Esagero nel senso che sono troppo buono. Guardi che con l'altro governo accadde che un giudice sollevò eccezioni sulla Bossi-Fini. Ebbene, mandai un'ispezione, poi le carte al Csm e l'hanno assolto. E non è finita qui. Siccome questo giudice aveva un blog mi sono dovuto anche sorbire questo signore che mi dileggiava su internet. Pensi che neanche in Uganda accadrebbe una cosa del genere. E cioé che un funzionario dello Stato si metta a deridere il ministro dal quale dipende». Se la mette così però perché Alfano dovrebbe perseguire la stessa strada?  «Perché la stragrande maggioranza dei magistrati, mi riferisco in particolare a coloro che vogliono fare il loro dovere, non amano questa situazione. Giustamente vorrebbero vedere premiato chi lavora e bene e punito chi sbaglia». E non era anche prima così? «Sì ma ora è cambiato il clima. Quando ero ministro contro il governo molti si sentivano in guerra. Era tutto legittimato. Oggi non è così. Il Csm sa che si gioca una fetta importante di credibilità su questo terreno. E in generale tutto il mondo della giustizia è molto più tranquillo. Almeno finora non è stato così». Finora? Perché può cambiare questo clima? «Certo». E perché? «Perché c'è soltanto un fatto che può cambiare tutto». Quale? «La sentenza della Corte Costituzionale sul lodo Alfano. Se sarà bocciato, ripartirà la guerra giudiziaria contro Berlusconi».   E lei che speranze nutre sul fatto che il lodo resti intatto? «A rigor di logica non ci dovrebbe essere nulla da temere. Ma sappiamo che sono vicende che rispondono ad altre logiche. E dunque non sono molto ottimista».

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