Blocca rate snobbato. La crisi non c'è
È stata richiesta a gran voce da praticamente tutti gli industriali italiani. A corto di credito e senza denaro in cassa sembrava che senza la «moratoria» dei pagamenti di canoni e rate legate a mutui e finanziamenti l'intero sistema produttivo fosse pronto a esplodere. Alla fine le imprese hanno ottenuto quanto volevano ma, allo sportello, di richieste non sembra ne siano arrivate valanghe come stimato da più parti. Il periodo estivo ha sicuramente dissuaso molti capi d'azienda dal bussare alla porta del direttore della filiale, anche se, in prossimità dei fallimenti e dei disastri annunciati, forse sarebbe stato un atto dovuto precipitarsi allo sportello. I primi numeri disponibili sulla corsa allo stop delle rate però danno una percezione diversa dell'effettivo stato di salute finanziaria delle aziende italiane. Un'indicazione è arrivata ieri dall'amministratore delegato di Intesa SanPaolo, Corrado Passera, che a Cernobbio nel corso dei lavori del Workshop Ambrosetti ha spiegato che «più di mille aziende hanno fatto richiesta» ad Intesa Sanpaolo per ottenere una moratoria sui crediti vantati dalla banca nei loro confronti. Una buona notizia sicuramente per le mille imprese che hanno ottenuto il necessario ossigeno per non chiudere i battenti. Ma che stride con l'evidente sproporzione con il parco clienti vantato dallo stesso istituto. Solo all'inizio del mese scorso Francesco Micheli, direttore generale responsabile della banca dei territori dell'istituto di credito milanese, ha detto che sono oltre 1,1 milioni i clienti professionali. Una cifra enorme. Eppure, almeno nel primo scorcio di tempo dell'applicazione della moratoria, quelli con l'acqua alla gola erano solamente un migliaio. Certo il caldo, le ferie e il tempo tecnico necessario a capire il funzionamento dell'accordo quadro siglato a luglio tra Abi, Confindustria e Governo, e per attrezzare le filiali non hanno certo stimolato gli imprenditori a presentarsi in banca. Molti istituti erano già preparati. Lo stesso Passera ieri lo ha ribadito: «È una cosa molto seria e molto importante: è uno degli strumenti che abbiamo messo sul tavolo per supportare le imprese italiane attraverso la crisi. Noi siamo molto attivi sulla moratoria da fine giugno, assai in anticipo sul resto del sistema». Già, tutti pronti tranne le aziende. Anche se le stime che circolano parlano di almento 300 mila richieste per dilazionare i pagamenti da parte delle imprese molte sono ancora rimaste al palo. Quasi a mettere in dubbio l'effettiva necessità dello strumento. Anche nelle altre banche la tendenza è stata la stessa. Fonti interne di Unicredit, ad esempio, pur non fornendo alcun numero hanno sottolineato a Il Tempo che «si registra una crescente manifestazioni di interesse da parte di alcuni imprenditori che si recano in filiale per chiedere informazioni sulla Convenzione”. Interesse certo ma non molto di più finora. Un'analisi che induce a riflettere sull'effettiva entità della crisi economica molto spinta dal clima e dalle aspettative negative degli operatori economici. E forse meno dura rispetto a quanto descritto. O ancora spiega ancora un banchiere a Il Tempo il segno che chi aveva veramente bisogno di ossigeno, in banca, si è recato in tempi non sospetti. Cioè prima di accordi, carte bollate e discussioni tra le parti sociali. Insomma gli «animal spirit» e cioè le motivazioni irrazionali che spingono ad abbracciare il rischio di impresa in alcuni imprenditori italiani non sono scomparsi.