Hanno davvero perso la testa
Ildirettore della Repubblica, quella per fortuna solo di carta, ha ormai perduto del tutto quel senso della misura e della prudenza che ne avevano fatto da giovane, almeno ai miei occhi, un invidiabile cronista politico. Richiesto una volta di un parere da un direttore tentato di offrirgli un alto e remuneratissimo incarico, ne segnalai il merito, fra l'altro, di non essersi sino ad allora procurato una querela, una smentita o solo una precisazione, per quanto egli fosse prodigo di indiscrezioni e di retroscena nelle sue cronache. In giro sempre con il suo taccuino, Ezio prendeva scrupolosamente appunto di tutto. E se c'era qualcosa che poi non gli tornava, si attaccava al telefono a faceva le verifiche necessarie, prima di mettersi a scrivere il suo pezzo. Questo è il modesto ricordo che, da collega più anziano, ho ancora di lui giovane. Sono perciò rimasto, a dir poco, sgomento leggendone ieri l'ennesimo editoriale contro il presidente del Consiglio, accusato non solo di «strategia della menzogna», per essere stato da lui citato in giudizio la settimana scorsa per diffamazione e indicato il giorno prima come «evasore fiscale», ma anche di trame assassine. Sì, assassine. Addebitate direttamente al conto di Silvio Berlusconi le polemiche rovesciatesi in questi giorni sul direttore del cattolico Avvenire Dino Boffo, che avrebbe «salvato la pelle» solo perché «la Chiesa si è sentita offesa dall'attacco contro di lui e si è mossa da potenza a potenza"» Mauro ha formulato questo quesito: «La prossima preda, la prossima vittima (un magistrato che indaga, una testimone che parla, un giornalista che scrive, e fa domande) non avendo uno Stato straniero alle spalle, da chi sarà difeso?». Il suo Giuseppe D'Avanzo si sarà inorgoglito vedendo così aggiornare in modo ancora più truculento la nona delle dieci domande da lui messe giù già il 26 giugno, ripubblicate ossessivamente ogni giorno contro Berlusconi e da questi alla fine contestate con l'avvio di una causa che, per quanto civile, come ha tenuto a precisare il presidente del Consiglio dopo che si era fatta una certa confusione con lo strumento penale della querela, ha fatto saltare i nervi al giornale di Mauro. Mi direte che esagero scrivendo di «trame assassine» attribuite dal direttore di Repubblica a Berlusconi solo per via della «pelle» rischiata da Boffo e alla fine salvata dalla Chiesa. Mi direte che per «pelle» Mauro intendeva solo il posto del direttore di Avvenire, del quale il presidente della Conferenza Episcopale Italiana ha appena respinto le dimissioni presentate dopo qualche giorno di esitazione di fronte al clamore riaccesosi attorno ad una vecchia condanna per molestie. Abbiate allora la pazienza di rileggere con me la conclusione dell'editoriale di Mauro: «L'uomo politico passato alla storia come il più feroce nemico della stampa, Richard Nixon, non ha usato per difendersi un decimo dei mezzi che Berlusconi impiega contro i giornali considerati "nemici". Se vogliamo cercare un paragone, dobbiamo piuttosto ricorrere a Vladmir Putin, di cui non a caso il Premier è il più grande amico». Per capire il significato del paragone con l'ex presidente della Russia e ora capo del governo di Mosca basterà ricordare l'ombra allungatasi su Putin come mandante degli assassini di giornalisti e altri distintisi come suoi critici o avversari. Vorrei amichevolmente chiedere a Mauro se non ritenga di avere un po' esagerato con le sue parole. Può capitare, per carità, di perderne il controllo in un'aspra polemica, ma sarebbe onesto riconoscerlo. Vorrei inoltre chiedere a Mauro se non ritiene di avere esagerato in ermetismo leguleico spiegando così ai suoi lettori l'arcano della compensazione secondo lui avvenuta tra tasse in più pagate e tasse evase sulla parte non dichiarata del prezzo di una casa da lui acquistata a Roma nove anni fa per circa due miliardi delle vecchie lire. «Ho versato all'erario - ha scritto il direttore di Repubblica - tasse in più su 524 milioni di lire perché non mi sono avvalso di una norma (l'articolo 52 del D.P.R. 26 aprile 1986 numero 131, sull'imposta di registro) che, ai termini di legge, mi consentiva di realizzare un forte risparmio fiscale». Con un simile linguaggio, a mio modestissimo parere, maturato in parecchi anni ormai di esperienza professionale, si manca di rispetto per i lettori comuni di un giornale di larga diffusione. Essi hanno il diritto di non dover andare da un tributarista o da un notaio a farsi spiegare il senso di ciò che leggono in un editoriale. Ed hanno anche il diritto di ritenere, magari ingenuamente, che il prezzo di una casa vada comunque dichiarato per intero, a costo di rinunciare all'acquisto quando ci si imbatte con la irrinunciabile richiesta del venditore di una denuncia parziale, e perciò infedele, anzi fraudolenta: richiesta peraltro che Mauro ha rivelato di aver subìto non scrivendone direttamente ai suoi lettori ma, stranamente, parlandone prima al pubblico della festa del maggiore partito di opposizione. Al quale egli ha così mostrato, volente o nolente, di attribuire un posto o un ruolo privilegiato.