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Anna B

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oggiha trent'anni. Ma la sua voce è quella di una bambina. Una ragazzina finita in una storia più grande di lei, che adesso non vuole parlare. Non vuole aggiungere dettagli che possano prolungare la morbosa attenzione dei media e lasciare che la tranquillità della sua famiglia sia turbata ancora. «Non ho dichiarazioni da fare - risponde gentile al telefono - La ringrazio e la saluto». Un atteggiamento di comprensibile riserbo anticipato ventiquattro ore prima dalla madre e ribadito, sempre ieri, dal padre Giovanni: «Non parliamo, abbiamo scelto questa linea e la manterremo - spiega l'uomo - Le indiscrezioni sui giornali? Lasciali stare. I fatti relativi alla causa penale? Sono sepolti nella memoria. Non le dico assolutamente nulla, manteniamo la posizione...». I giornali, però, continuano a pubblicare notizie sulla vicenda. L'ultima, in ordine di tempo, l'ha anticipata Panorama: l'ex fidanzato di Anna al centro della storia di molestie che ha visto condannato il direttore di Avvenire Dino Boffo non è William B., coetaneo della ragazza morto nel 2002, ma «un ex stewart di 39 anni». Oggi «vive in Emilia-Romagna ed è direttore della filiale di una grande banca». I due «si conobbero a metà degli Anni '90, entrambi assidui frequentatori degli incontri organizzati all'interno della diocesi di Terni. Un amico li ricorda impegnati una volta al mese nella Scuola di preghiera, la Lectio divina», già «a partire dal 1992». Lui «si distingueva per il portamento signorile e la dimestichezza con le lingue straniere». Sempre secondo gli amici di allora, «la conoscenza fra i due giovani potrebbe risalire al marzo 2001. In un'assemblea diocesiana intitolata "Domenica giorno che salva" Boffo era uno dei relatori e la famiglia della ragazza era ospite. Forse a presentarli fu Monsignor Vincenzo Paglia, da nove anni vescovo della città umbra...». Resta il mistero sulla fonte che avrebbe diffuso parte degli atti processuali. Ieri il direttore del Giornale Vittorio Feltri ha detto «che è girata anche una velina, non dei servizi segreti, ma della gendarmeria vaticana». Una o più lettere anonime che, però, non sono contenute nel fascicolo del tribunale ternano. Il leader dell'Idv Antonio Di Pietro ritiene che il certificato di condanna di Boffo «non esportabile dal casellario pubblico, sia stato ottenuto da un ignoto che lo ha consultato con la propria password». Vedremo. Per ora possiamo unicamente attenerci ai fatti, almeno a quelli giudiziari. E gli atti parlano chiaro. Dall'agosto 2001 al gennaio 2002, Anna B. riceve (si legge nel suo esposto) telefonate ingiuriose che fanno anche riferimento ai rapporti sessuali fra lei e l'allora fidanzato. Dopo la sua denuncia, viene acquisito il tabulato. Si rintraccia il proprietario dell'apparecchio, la società editrice del quotidiano della Cei, e si scopre anche che il telefono è in uso al direttore dell'Avvenire. Alla richiesta di chiarimenti, Boffo spiega che il cellulare è spesso incustodito e che chiunque, quindi, può averlo usato a sua insaputa. Il giornalista ammette di conoscere Anna («Ci siamo incontrati durante un evento pubblico organizzato dalla Curia») e precisa che il tramite sarebbe stato il vescovo Paglia. I giudici sono perplessi. Raccolgono le testimonianze di alcune persone che hanno spesso contatti telefonici con Boffo e queste confermano che su quell'utenza hanno sempre parlato con lui. Il giornalista viene iscritto sul «modello 21», il registro degli indagati, il 14 ottobre 2003. L'8 aprile 2004 il pm chiede la sua condanna. Un solo reato contestato: molestie. Per quello si procede d'ufficio, mentre l'accusa di ingiurie cade perché la ragazza ha ritirato la querela (per quale motivo non è possibile sapere). Boffo non si oppone al «decreto penale» (non c'è «patteggiamento», che è un'ammissione di colpevolezza) e paga l'ammenda di 516 euro, accettando così la condanna. Esistono, poi, altre quattro «certezze». La prima: nessuno conosce il contenuto delle telefonate perché non ci sono state intercettazioni ma solo l'acquisizione dei tabulati. La seconda: non risulta agli atti che Boffo abbia pagato per ottenere il ritiro della querela per ingiurie. La terza: la denuncia era contro ignoti. La quarta: il fidanzato dell'epoca di Anna B. non è quello indicato da giornali, ma un uomo più grande di nove anni di lei. Infine, agli atti non c'è accenno alle propensioni sessuali del condannato. Restano alcune domande. Perché Boffo non si è opposto al decreto? Perché ha parlato di «una patacca» quando invece qualcosa di vero c'era? Come mai, se i due si conoscevano, la ragazza ha sporto denuncia contro ignoti e non direttamente contro Boffo? Dopo cinque mesi di chiamate «moleste» non ne aveva riconosciuto la voce? Quesiti destinati a restare senza risposta, visto che il Gip Pierluigi Panariello ha scelto al strada della privacy e, anche su richiesta del legale di Boffo, si è opposto al rilascio degli atti «in favore di persone estranee al procedimento».

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