La bandiera italiana vola sul cielo della Libia
Alla fine il Tricolore ha segnato il cielo di Tripoli. Tre strisce di fumo. Una verde, una bianca e una rossa perché quello è il simbolo delle nostre Frecce. Il Tricolore. Ma quella che doveva essere una dimostrazione di amicizia tra Tripoli e Roma si è trasformata in un vero e proprio braccio di ferro, quasi al limite del ridicolo, tra le autorità italiane e quelle libiche che avrebbero preferito per il quarantesimo anniversario della Rivoluzione Verde una fumata monocolore, e per l'appunto verde, delle Frecce. Che qualcosa non stava andando nel verso giusto lo si poteva immaginare già lunedì sera quando da Tripoli arrivò il divieto per le Frecce Tricolori di eseguire la prova generale per l'esibizione di ieri. Tutto ovviamente «per motivi di sicurezza» legati all'imprevisto prolungamento del vertice dell'Unione africana. Perché non crederci? D'altronde anche il ministro della Difesa Ignazio La Russa non aveva visto nel divieto alcun motivo politico. Però a sentire il comandante delle Frecce, il tenente colonnello Massimo Tammaro, qualche dubbio viene: «Per via informale le autorità libiche ci hanno chiesto di cambiare il colore della fumata degli aerei da tricolore a verde». Ad essere maliziosi però qualche volta ci si azzecca. È bastata una dichiarazione di ieri dell'ambasciatore d'Italia in Libia, Francesco Paolo Trupiano, a sottolineare come la prova di forza tra i due Paesi stava arrivando al limite dello scontro diplomatico. «La Libia - sostiene Trupiano - continua a chiedere che le Frecce Tricolori si alzino in volo stendendo il fumo verde. Tripoli ritiene che oggi sia la propria Festa nazionale e vorrebbe avere solo il proprio colore». La richiesta ufficiale questa volta c'è. Ma se da una parte si puntano i piedi, dall'altra ci si appella all'orgoglio nazionale. «Non ci alzeremo in volo se i nostri aerei non potranno spendere i colori della nostra bandiera». E ora? Come uscire dal groviglio? Ecco allora che da Roma arriva l'appoggio del governo ai militari italiani. Il premier Silvio Berlusconi avverte: «Frecce con tricolore o non voleranno». Il Colonnello Gheddafi farà questo sgarbo all'amico Cavalier Berlusconi? No. E la notizia arriva proprio da La Russa che annuncia: «Le modalità dell'esibizione della pattuglia italiana - ha affermato il ministro spiegando di aver parlato con l'ambasciatore libico a Roma, Hafed Gaddur - sono le stesse costantemente rispettate in tutti i Paesi del mondo dove le Frecce Tricolori si sono esibite. Non può peraltro esserci omaggio migliore per la ritrovata amicizia con la Libia della esibizione della nostra pattuglia che ha, nei fumi tricolore, la sua bandiera e il suo messaggio di pace e concordia». Il dado è quindi tratto. Dopo 12 minuti circa di acrobazie le Frecce hanno tinto il cielo di Libia con la classica fumata tricolore. Italia uno, Libia zero, verrebbe da dire se si fosse trattato di una partita di calcio. Solo che ora, al rientro dalla trasferta, bisognerà gestire le polemiche in patria. «Una vergogna che i piloti delle Frecce Tricolori siano stati obbligati a decollare e a omaggiare uno Stato che non riconosce i diritti umani e che chiede tangenti al nostro Paese», tuona Stefano Pedica, senatore dell'Idv. «Silvio Berlusconi invia le Frecce in un Paese che fiancheggia i terroristi» commenta Antonio Di Pietro, leader dell'Idv. «Un governo serio non lascia ai propri militari il compito di sbrigare le questioni diplomatiche: vergognoso che le Frecce abbiano dovuto contrattare le modalità di un'esibizione», denuncia Roberto Rao, deputato dell'Udc. Ma i commenti arrivano anche dalla maggioranza. Così, se il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri attacca l'opposizione: «Anche questa volta i bugiardi dovrebbero chiedere scusa», il capogruppo alla Camera della Lega, Roberto Cota, si sbilancia: «Con tutti i problemi che il Paese ha in questo momento, francamente il colore del fumo degli aerei non mi sembra la priorità delle priorità».