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In pochi anni i rapporti tra Italia e Libia hanno conosciuto una svolta radicale.

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Unaposizione di privilegio che molti paesi occidentali ci invidiano, anche perché siamo riusciti a raggiungerla nonostante l'eredità storica del periodo coloniale e la diffusa retorica anti-italiana che il governo libico ha a lungo mantenuto nei nostri confronti. Le nuove relazioni diplomatiche tra Roma e Tripoli ieri hanno simbolicamente assunto la forma di una pattuglia di aerei MB-339 Aermacchi che hanno compiuto le loro spettacolari esibizioni sopra il cielo di Tripoli colorando di verde bianco e rosso il cielo libico. Una simbolica e casuale coincidenza ha fatto si che l'esibizione avvenisse proprio il primo settembre, giorno di memoria dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Uno strano scherzo del destino se pensiamo che l'Aermacchi, società del gruppo Finmeccanica, è la società erede della Aeronautica Macchi, i cui aerei sono stati utilizzati dalla nostra aviazione proprio quando la Libia era colonia italiana nel corso del conflitto mondiale. E furono proprio aerei italiani che proprio in Libia, nel 1912, usarono per la prima volta l'arma aerea per compiere operazioni militari. Per chi conosce il significato del simbolismo anticoloniale nel nazionalismo libico bisogna ammettere che il ritorno di aerei militari italiani in volo sul cielo libico per festeggiare i 40 anni della rivoluzione ha davvero qualcosa di storico. Al di là delle polemiche che vi sono state, paradossalmente più comprensibili quelle maturate in qualche ambiente del governo libico che quelle infondate ed inopportune mosse dall'opposizione italiana, dobbiamo dire che con la nostra partecipazione alla manifestazione di ieri si è davvero chiusa una pagina negativa dei rapporti bilaterali tra Italia e Libia. Rapporti che oggi sono caratterizzati dalla vicinanza geografica, dagli interessi energetici, dalla cooperazione nella lotta al terrorismo, dal rilancio dello sviluppo economico ed infrastrutturale e dal contrasto ai mercanti di esseri umani. Trafficanti senza scrupoli che alle porte dell'Unione europea e con il complice oblio delle istituzioni comunitarie, avevano trasformato la Libia in una moderna Costa degli schiavi in cui confluivano disperati da tutta l'Africa Sub-Sahariana. Oggi, grazie all'Italia e al nuovo corso della politica italo-libica, una parte di questi vergognosi traffici iniziano ad essere contrastati. Certo, il dossier bilaterale con Tripoli è prevalentemente costruito attorno agli interessi economici, ma in un momento di grave crisi economica mondiale sarebbe assurdo non privilegiare tale componente. Non va tuttavia dimenticata l'importanza storica di quanto il nostro paese è riuscito in poco tempo a sviluppare con Tripoli, superando ostilità, pregiudizi e un'obiettiva difficoltà culturale a negoziare con un paese ed un regime che provengono da una cultura profondamente diversa dalla nostra. L'abbiamo fatto da italiani, dimostrando ancora una volta che un antico popolo mediterraneo come il nostro non ha nulla da imparare da certi popoli Nord europei che parlano tanto di multiculturalismo ma che con l'Africa sanno costruire relazioni internazionali soltanto a senso unico.

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