"Una riforma culturale che metterà al centro l'uomo"
«Vogliamo modernizzare il mondo del lavoro? La sfida allora è quella di arrivare in breve tempo alla partecipazione dei dipendenti agli utili di impresa. Solo responsabilizzando il lavoratore e mettendolo nelle condizione di "fare di più" per l'azienda nella quale lavora si può uscire da questa crisi». Ne è convinta Barbara Saltamartini, deputata del Pdl e componente della Commissione Lavoro pubblico e privato. Onorevole Saltamartini, proposte di legge sul tema della partecipazione ne sono state presentate tante negli anni passati. Come mai solo ora si sta pensando di renderla legge? «Le sfide lanciate dalla globalizzazione e i mutati scenari economici hanno generato ormai un profondo cambiamento nel mondo del lavoro, che impone la necessità di giungere in tempi brevi ad una ridefinizione del ruolo e dei rapporti delle parti sociali all'interno del nostro sistema economico. Una ridefinizione che deve incentivare le parti sociali a trasferire il loro operato rafforzando il senso di "comunità" tra i soggetti che operano all'interno di una stessa impresa». Questo è anche quello che emerge nella sua proposta di legge presentata il 25 luglio dell'anno scorso. Crede veramente che cambieranno i rapporti tra lavoratori e dipendenti? «Non è che lo credo. Ne sono certa. Oggi per sperare in una più rapida ripresa economica bisogna valorizzare il lavoratore che ormai sono sulla stessa barca con datori di lavoro. Poi pensiamo alle grandi trasformazione avvenute nel mondo della produzione. Ogni volta si è resa sempre più importante la risorsa umana all'interno dell'impresa: oggi al lavoratore si richiede non più soltanto lo svolgimento di funzioni meramente esecutive ma anche l'implementazione di linee progettuali riguardanti la definizione dei processi aziendali. È, dunque, fondamentale, ottimizzare l'impiego del lavoro, ricercando formule collaborative per le quali la risorsa umana possa diventare sempre più "soggetto" della produzione». L'uomo al centro di tutto quindi «Certo. E non lo dico io. Giovanni Paolo II nell'enclica Labores Exercens del 1981 definì "retto quel sistema di lavoro che alle sue basi supera l'antinomia tra lavoro e capitale cercando di strutturarsi sulla soggettività del lavoro umano. E non solo. Benedetto XVI nella sua ultima enciclica Caritas in veritate ribadisce la centralità della persona. Con questo spirito anche io ho presentato la mia proposta di legge sottoscritta da 52 parlamentari». Mi vuole dire che non si è ispirata alla Carta di Verona? «Solo in parte. Quella è stata scritta nel 1943 e prevedeva che i lavoratori partecipassero anche alla gestione delle imprese. Una linea oggi sostenuta dal leader de La Destra Francesco Storace. Noi non siamo ancora pronti a vedere manager a braccetto con lavoratori e poi la Confindustria ha già espresso parere contrario. Una grande rivoluzione culturale sarà già quella di vedere i dipendenti assumersi qualche rischio per aiutare la propria azienda. Poi, ritornando alla Carta di Verona, per essere corretti non bisogna dimenticare che anche molte anime del socialismo riformista avevano sostenuto la necessità di far partecipare i dipendenti alla distribuzione dell'utile» Ma Lei crede che i lavoratori abbiano voglia di assumersi dei rischi mettendo dei soldi nella propria azienda? «Logico che se la proposta diventasse legge servirà un periodo di formazione e per questo ruolo saranno fondamentali i sindacati. Poi, sono certa che i lavoratori non avranno più paura perché sarà proprio la voglia di uscire da questa crisi a dargli coraggio». Ma è sicura che i sindacati vi sosterranno? Cisl, Ugl e Uil forse si, ma la Cgil è contraria. «La Cgil è sempre in disaccordo. Non vuole aprirsi, modernizzarsi. Sono bloccati su posizioni storiche per paura di perdere i propri consensi. Però so che i senatori che rispondono alla Cgil sono spaccati. Alcuni di loro vedono di buon occhio la proposta di Tremonti». A proposito di opposizione chi tra Franceschini o Bersani potrebbe essere un buon interlocutore sul tema della partizione degli utili? «Non lo so ma giudico i fatti. Franceschini fino ad oggi non è stato in grado di concretizzare le idee che aveva quando è diventato segretario. Più valido potrebbe essere Bersani dato che la sua impostazione più economica». E la Lega? Nonostante su alcuni temi come Inno, dialetti e Tricolore vi siete divisi, questa volta sembra proprio sostenere il progetto «Sì. Hanno capito che la proposta di Tremonti va nella direzione giusta e soprattutto sarà un ulteriore modo per dare risposte ai diversi territori nell'ottica di un sempre più radicato federalismo fiscale. Speriamo che allo stesso tempo si siano convinti che non vale la pena rilanciare le gabbie salariali. Quelle riguardano un vecchio modo di risolvere i problemi. Guardiamo avanti e facciamo in modo che si apra una grande stagione di modernizzazione».