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I moralisti da accusatori ad accusati

Dino Boffo

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Bersani ha ragione quando chiede che sia chiusa la stagione dei veleni perché i problemi degli italiani sono altri. Ma dove era Bersani quando il gruppo Repubblica pubblicava le registrazioni di una signora che vantava incontri con il premier? La battaglia per disarcionare il premier è tutta legata a vicende personali, come il preannunciato divorzio dalla moglie. Oppure alle rivelazione di una escort (appellativo aulico di chi vende il proprio corpo per soldi, noi gente di paese quelle donne le chiamiamo in altro modo). Così sono entrati in campo tanti moralisti di casa nostra. Pronti a rivolgere domande, a chiedere spiegazioni. Tutta retorica perché è lecito attendersi una riposta quando la domanda non sia fine a se stessa, quando non sia una esplicita accusa. Con il Pd alle prese con una battaglia interna logorante il ruolo di opposizione l'hanno occupato i giornali. Alcuni giornali come Repubblica e anche l'Avvenire. Battaglia politica, sul premier, sulla sua moralità. Già, i moralisti in azione che mai hanno avuto dubbi sulla eticità di attacchi basati su registrazioni, su gossip, su indiscrezioni. Mai sui fatti accertati o penalmente punibili. I soloni difensori della privacy erano in ferie, o non vedevano. Ma tornano ben attenti quando i moralisti vanno in trincea. Quando sono loro a doversi difendere. E allora si può comprendere l'indignazione di Boffo che oggi sul suo giornale parla di patacche. Si difende, assicura che non c'è alcuna segnalazione di polizia sulla sua presunta omosessualità. Ci avrebbe stupito il contrario. Se non altro perché non ci risulta che la polizia perda tempo a studiare le tendenze sessuali dei cittadini italiani. Ancor di più si porta a difesa la lettera di un lettore che cerca di spiegare giuridicamente come quella sentenza con il pagamento di una multa sia incredibile per alcune incongruenze. Peccato che non venga detta la cosa fondamentale: c'è o non c'è una condanna per molestie? C'è stato questo processo? E cosa riguarda? Il Corriere prova a metterci una pezza. Sinceramente tanto poco credibile da acuire i sospetti. Su l'Avvenire ci sono righe e righe per parlare della vicenda. Peccato manchi solo la notizia. E' tutto falso? E se non lo è una domanda timidamente si potrà fare a Boffo, sperando che la risposta non arrivi in tribunale: come si può fare il moralista e condannare il premier se poi non si vuole che la propria vita privata sia oggetto di una qualche attenzione? Non è Feltri, che ha lanciato il sasso, ad aver diritto a spiegazioni. Lo è il mondo cattolico, chi fa dell'Avvenire un punto di riferimento morale. Boffo nella difesa sul suo giornale dà notizia di una telefonata di Maroni che nega la presenza di una informativa della polizia. Ma quel processo c'è stato? E se il premier è stato messo alla berlina, anche dal suo giornale, sulla base di indiscrezioni, perché scandalizzarsi se ora anche a lui vengono chiesti chiarimenti? Ma la regìa occulta della campagna dei veleni spetta a Repubblica. Anche qui ai moralisti è arrivata la domanda, prendendo spunto dalle rivelazioni di un giornalista, Franco Bechis, che chiama in causa il direttore su una presunta evasione fiscale. È vero o è falso? A chi fa domande non è lecito rivolgerne nemmeno una? O i moralisti in servizio permanente effettivo hanno ricevuto un patentino di immunità? La questione è tutta qui. I censori dei costumi degli altri, o meglio della vita privata del premier adesso sono chiamati a rispondere. Ma gridano alla scandalo. La libertà d'informazione sarebbe messa in discussione perché adesso sono loro che debbono dare qualche chiarimento. Invece la libertà è garantita se c'è il tiro al bersaglio su Berlusconi? Se si vuole voltare pagina adesso i moralisti mostrino di avere le carte in regola o tacciano.

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