Il braccio di ferro con la Chiesa non giova a nessuno

Eancora prima, fin dagli albori dello Stato unitario, nessun esecutivo si è dimostrato indifferente alle ragioni della Chiesa, consapevole che neppure i pregiudizi liberali, massonici o apertamente anticlericali potevano sovrapporsi al sentimento religioso professato dalla maggioranza degli italiani. Perfino nei momenti più critici, si è cercato, magari discretamente, di smussare gli angoli e di ricomporre rapporti che si presentavano apertamente conflittuali. Insomma, tutti coloro che hanno avuto responsabilità di governo, sia pure in maniera diversa, come testimoniano le analisi lucidissime di studiosi laici come Mario Missiroli e Giovanni Spadolini, hanno sempre tenuto a considerare il Vaticano in maniera «speciale», nella certezza che contro il Papa, come si diceva una volta, non si schierano truppe, per la semplice ragione che non ce ne sono disposte ad opporsi radicalmente a chi è il rappresentante di un potere non terreno al quale quanto meno bisogna guardare con rispetto, indipendentemente dal fatto che si sia credenti o meno. In tempi di confusione politica e culturale, segnati dalla caduta del rispetto umano e dal disconoscimento di qualsivoglia principio di autorità, non è di moda il dissenso motivato, ma prevale purtroppo la negligente aggressione. Non vorremmo che a questa tendenza si conformasse un qualsivoglia governo, fino al punto di ritenere la Chiesa controparte, se non addirittura avversaria. Essa è stata ed è al di sopra delle parti: glielo impone il «mandato» ricevuto ed al quale si è conformata nel corso di duemila anni. Ricordava Arturo Carlo Jemolo, concludendo il suo mirabile Chiesa e Stato in Italia, che il teatro che interessa la Chiesa «è il mondo intero; e non è improbabile che per gli storici avvenire abbia ad essere un momento di grande interesse il sopravvivere della Chiesa e della sua missione, e forse anche dell'intensificasi di questa missione, in un mondo del tutto diverso da quello dei venti secoli che lo hanno preceduto». La tentazione di contrapporsi al Vaticano, di ingaggiare un braccio di ferro con le sue gerarchie e con le organizzazioni ecclesiali sarebbe esiziale alla sopravvivenza di un governo che si esponesse in modo da giustificare pretestuosamente la sua autonomia che a nessuno al di là del Tevere viene in mente di contestare: il fondamento della laicità dello Stato risiede nel garantire libertà d'azione e di pensiero proprio chi si conforma ad un credo religioso, e questa è la sua forza. Perciò è indispensabile bloccare il serpeggiante antagonismo che le cronache di questi giorni evidenziano con abbondanza di particolari e riprendere il filo di un discorso che, tanto da parte del governo italiano quanto della Santa Sede in realtà non s'è mai lacerato. Anzi, le incomprensioni attuali non possono e non debbono far dimenticare che pochi altri governi negli ultimi sessant'anni sono stati così vicini per sensibilità culturale alla Chiesa, come dimostrano i provvedimenti adottati e quelli in itinere. Ne tengano conto tutti.