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Fini detta la linea: "Non copiamo la Lega"

Gianfranco Fini

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Lo fa con eleganza, senza mai alzare i toni, ma Gianfranco Fini non si lascia certo sfuggire l'occasione per spiegare quanto sul tema dell'immigrazione le sue idee — che ribadisce dovrebbero essere le idee di tutto il Pdl — siano lontane dalle posizioni urlate della Lega. Lo ha fatto ieri dal palco della Festa del Pd di Genova, incalzato dalle domande del direttore del Tg2 Mario Orfeo e messo a confronto con il senatore del Pd Franco Marini. Il presidente della Camera prende la parola per primo e non si ferma più, il primo intervento dura quasi venti minuti, con la platea attentissima ad ascoltarlo e a incoraggiarlo con qualche applauso. Specialmente quando prende le distanze dalle posizioni di Bossi e dei ministri leghisti nello scontro che li ha contrapposti alle posizioni della Chiesa, ripete più volte «voglio togliermi qualche sassolino dalle scarpe», e spiega che sui temi dell'immigrazione «la Lega continua a guardare nello specchietto retrovisore». E il passato a cui fa riferimento Fini è ad esempio la polemica sulla cittadinanza ai figli degli stranieri, un argomento sul quale i deputati più vicini a lui hanno già presentato una proposta di legge che abbrevia i tempi per ottenerla da dieci a cinque anni. E che la Lega ha già attaccato. «Il tema dell'integrazione dello straniero passa anche sul significato del termine cittadino — spiega — Dobbiamo cominciare a porci il problema e non soffermarci su un'altra polemica assurda "agostana" sul dialetto. I figli degli stranieri parlano dialetto, sono italiani. Certo non possiamo pretendere che identifichino l'Italia come loro Patria, perché questa non è la terra dei loro padri. Ma il tema della cittadinanza è la grande questione del futuro». Anche il tema della sicurezza, vessillo sempre agitato dai leghisti quando si parla di immigrazione, per Fini è un modo sbagliato di affrontare il problema «perché è un approccio parziale, miope, sbagliato, con toni vagamente razzisti». La ricetta del presidente della Camera è un'altra, più ragionevole, e che infatti riscuote i consensi di buona parte del mondo politico, compresa una larga parte del centrosinistra. «Il tema dell'immigrazione deve essere affrontato con risposte globali della parte più ricca del pianeta - spiega - Il primo dovere che ha la politica internazionale è un grande intervento della comunità economicamente più forte a sostegno delle aree dove partono i migranti. Il problema non si risolve quando arriva sull'uscio di casa, va spostato più avanti nei Paesi di origine». E al Pdl il presidente della Camera fa una raccomandazione: «Spero che capisca che se su questi temi si comporta come una fotocopia dell'originale, e l'originale è la Lega, loro sono comunque migliori. Noi, invece dobbiamo affinare l'approccio a questo problema». Parole che riscuotono successo tra la gente arrivata ad ascoltarlo nel grande padiglione che si affaccia sul mare di Genova e che mettono quasi nell'angolo Franco Marini. Il senatore del Pd «gioca» in casa, ma per riscuotere qualche applauso deve spiegare che le politiche del centrosinistra e del centrodestra «non sono uguali», deve attaccare il provvedimento che istituisce le ronde — «inaccettabili» — e l'istituzione del reato di immigrazione clandestina, «è da lì che nascono tutti i problemi». «Noi abbiamo bisogno delle presenze degli stranieri - si sgola Marini — perché sono loro che mandano avanti l'economia del Paese». Fini non si scompone, lo segue sul suo stesso terreno, ribadisce che bisogna difendere «i diritti delle persone. Perché gli immigrati sono prima di tutto persone, poi clandestini». In fondo c'è anche uno spazio per intervenire sul testo della legge approvata dal Senato sul testamento biologico. E il presidente della Camera ribadisce che farà tutto il possibile per modificarla, spiegando che la contrapposizione non è tra laici e cattolici «ma tra tra laici e clericali». E anche questo piace agli elettori del Pd.

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