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Alfano: "L'Europa ci aiuti a gestire le carceri"

Angelino Alfano

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Il sovraffollamento delle carceri non è un problema solo di detenuti italiani e l'Unione Europea non può fare finta di niente. Il ministro della Giustizia Angelino Alfano coglie l'occasione del Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione per chiamare nuovamente in causa Bruxelles nel dibattito sull'enorme numero di persone che sta portando al collasso gli istituti di pena. La replica della Commissione arriva a stretto giro: «Siamo pronti ad aiutare ma non interveniamo nella gestione quotidiana del sistema di giustizia criminale dei singoli stati membri». Ma si assicura la disponibilità a discutere come migliorare il trasferimento dei detenuti comunitari per far scontare la pena nei loro paesi d' origine. Il Guardasigilli parla chiaro e ribadisce che non ci saranno nuovi indulti. «In Italia - spiega - ci sono oltre 63mila detenuti, di cui oltre 20mila sono stranieri. Il che vuol dire che le carceri italiane sono idonee ad ospitare i detenuti italiani, ma con l'aggiungersi degli stranieri si supera la capienza non solo regolamentare ma anche quella tollerabile dei penitenziari». E subito dopo rilancia la frecciata al governo comunitario, evocando la recente condanna dell'Italia a risarcire un detenuto bosniaco costretto condividere con cinque persone una cella di 16,20 metri quadri per 18 ore al giorno, disponendo di una superficie di 2,7 metri quadri mentre gli standard stabiliscono uno spazio minimo di 7 metri. «Ho fatto un appello all'Ue: non può da un lato esercitare sanzioni e dall'altro chiudere gli occhi sul fenomeno del sovraffollamento carcerario che deriva dalla presenza di detenuti stranieri: un fenomeno a cui la Ue deve prestare attenzione. La Ue o si fa promotrice di trattati o deve dare risorse economiche agli Stati più interessati dal problema dei detenuti stranieri per costruire nuove carceri». La replica dell'esecutivo europeo è affidata un portavoce, Dennis Abbott: la Commissione «è pronta ad aiutare per quanto possibile», ma «non interviene nella gestione quotidiana del sistema di giustizia criminale dei singoli Stati membri». Una apertura, però, c'è: «L'Ue - dice il portavoce - è pronta ad esaminare la maniera per migliorare il trasferimento di detenuti da uno Stato membro all'altro». Così come è pronta «ad ascoltare direttamente i suggerimenti delle autorità italiane e di discutere idee per migliorare l'attuale situazione». Abbott rileva che i poteri dell'Ue e della Commissione nel campo della giustizia penale sono «solo quelli conferiti dal trattato dell'Ue». L'articolo 33 del Trattato, osserva, stabilisce che solo gli Stati Ue «sono responsabili per il mantenimento dell'ordine pubblico sul proprio territorio e per la salvaguardia della sicurezza interna».

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