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L'attacco dei cattolici comunisti

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Il cattocomunismo sta dispiegando la sua geometrica potenza come mai era accaduto negli ultimi quindici anni. Con una maniacale attività di mistificazione ha impiegato alcune delle sue strutture editoriali e formative nel tentare di demolire l'attività del governo e di delegittimare il presidente del Consiglio. Non è la Chiesa, come istituzione universale, si badi bene, a condurre le danze, ma ambienti che nel suo seno hanno sviluppato una ideologia che si sovrappone all'insegnamento morale, per sua natura astratto, applicata alle questioni politiche di casa nostra. Sicché le intemperanti uscite di Famiglia Cristiana, Avvenire, e perfino di alcuni esponenti non di secondo piano della Conferenza episcopale, per non dire dei preti progressisti, sono il frutto di una tendenza che è andata consolidandosi nell'ambito del cattolicesimo italiano fino a costituirsi come contropotere oggettivamente alleato alla sinistra nell'opporsi a Berlusconi e al centrodestra.   I tempi sono evidentemente cambiati. Se una volta Franco Rodano, il più qualificato degli esponenti cattocomunisti, aveva una strategia di lungo termine nel produrre contorsioni laiciste all'interno del mondo cattolico funzionali ad una visione pauperista della società, oggi, molto più modestamente, i don Sciortino, i Boffo, i monsignor Crociata (che pure passa per "moderato") rivolgono le loro attenzioni alla personale condotta "non politica" del premier o agli eventi drammatici che si consumano nel Mediterraneo sempre e soltanto allo scopo di mettere alla berlina l'esecutivo. E' una chiara battaglia propagandistica che non ha la dignità culturale e civile di quelle che tanti anni fa conducevano fuoriusciti uomini di Chiesa come dom Franzoni o laici democristiani che cercavano un appeasement a suo modo alto e perfino nobile con i comunisti più dialoganti.   Oggi, molto più modestamente, i sullodati esegeti cattolici dell'antiberlusconismo, prossimi per sensibilità e linguaggio a Micromega dell'ateo orgoglioso Paolo Flores d'Arcais, il quale ospita di frequente sulla sua rivista interventi para-teologici inequivocabilmente finalizzati alla demolizione l'Italia "berlusconizzata", scendono in campo politicamente e si permettono di sconfessare (forse anche "scomunicare" in cuor loro) stili di vita di questo e di quello gettandosi dietro la tonaca o le più laiche spalle quella necessaria pietas, unita all'indispensabile caritas che dovrebbero essere le stelle polari di ogni agire e dire cristiano. Se al governo si ritiene di dover muovere rimproveri, non è detto che lo si debba fare manifestando un'ostilità che francamente non è soltanto poco cristiana, ma anche incivile sul piano della dialettica politica. La cultura cattolica, anche in tempi di laicismo forsennato, è sempre intervenuta con la temperanza propria all'ispirazione etica e teologica che la sostiene nel progetto di evangelizzazione. E perfino quando ha espresso con toni indignati la sua riprovazione verso forme inaccettabili di barbarie, lo ha fatto sì con fermezza, ma anche con la prudenza tipica dei credenti ai quali è stata impartita la lezione della mitezza nell'affrontare il malessere spirituale, il disagio morale, le ingiustizie sociali. Ai cattocomunisti, rigenerati dalla povertà culturale, ideologica e politica di una sinistra che cerca la contrapposizione frontale sotto le lenzuola del potente o maramaldeggiando sui cadaveri che non ci appartengono nel Canale di Sicilia o prefigurando scontri sociali quasi che la crisi finanziaria l'abbia provocata Berlusconi, non resta che sperare nello sfascio del Paese ed assicurarsi un posto nell'empireo politico di Franceschini o di Bersani. Non hanno la dignità dei grandi sovversivi, come i "teologi della liberazione" di un tempo, ma sono semplicemente fruitori del "verbo" di Repubblica. Forse non si sono resi conto che l'accanimento con cui si producono nel diffondere un'immagine turpe del nostro tempo e di chi lo incarna pubblicamente, fa più male alla Chiesa che allo Stato. Del resto a loro poco importa se le battaglie per la sacralità della vita, per la difesa della centralità della persona, per la tutela della religione cattolica e di tutte le altre fedi spiritualmente rilevanti la combattono coloro i quali essi avversano. Sì, è facile essere peccatori, come si sa, ma l'umana circostanza soltanto nelle società selvagge può essere utilizzata come forma di lotta politica in alleanza con i miscredenti. E' più difficile essere semplicemente cristiani conformandosi all'antico precetto che chi è senza peccato scagli la prima pietra…

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