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Il solito Franceschini: «Rischio di un nuovo autoritarismo»

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Èil doppio volto che Dario Franceschini ha mostrato ieri nei suoi ruoli di segretario e di candidato, aprendo la sfida congressuale alla Festa del partito a Genova. Il Pd si avvia alla conta del congresso e, poi, delle primarie mentre si annuncia un autunno che per molti sarà caldo dal punto di visto economico e sociale. Ma Franceschini sembra aver ben presente il pericolo che un partito già fragile e senza «un'identità definita» si avviti in uno scontro interno. E così, nella sua prima uscita dopo la pausa estiva, sul palco allestito nel porto antico di Genova, punta più a fare il segretario che il candidato nella sfida a tre per la leadership. Prima di farsi la guerra, il primo compito del Pd «è fare l'opposizione» che non vuol dire essere antiberlusconiani o no, ma «alzare la voce» davanti alle «intimidazioni» del governo al ruolo del Parlamento come alla unità del paese e alla stampa. Perché il timore del leader Pd è quello di un «nuovo autoritarismo». Dalla platea si alza il grido di un militante: «Basta buonismo». E Franceschini rincara contro il pericolo dell'assuefazione verso sparate «di Bossi o di Berlusconi che nella maggioranza scivolano sempre via».

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