La visita del presidente del Consiglio in Libia il prossimo 30 agosto è «opportunissima» e si farà.

Nessuncambio di programma quindi, conferma anche Palazzo Chigi, nonostante la polemica internazionale resti alta dopo che il leader libico ha scelto di accogliere in pompa magna a Tripoli Abdelbaset al Megrahi, il terrorista libico condannato per la strage di Lockerbie e rilasciato dal governo scozzese per motivi di salute. Nell'attentato morirono 270 persone, la gran parte dei quali erano americani. A bordo c'erano anche due italiani. E anche ieri il colonnello non ha mostrato alcun segno di pentimento, anzi. In Occidente, ha fatto sapere Gheddafi attraverso l'agenzia Jana, c'è ancora «la politica dei due pesi e delle due misure che nasce dall'arroganza, dal disprezzo per le altre nazioni e la loro opinione pubblica». Una politica «che genera il terrorismo che oggi subiscono (quei Paesi che protestano per al Megrahi, ndr). Il terrorismo è un fenomeno che ha delle cause - ha sottolineato - e trova le sue giustificazioni in questa politica». Parole dure come macigni e che Gheddafi ha motivato ricordando il caso delle infermiere bulgare. Secondo il leader della Jamahirya araba socialista infatti, come accaduto per Megrahi a Tripoli, anche le infermiere bulgare - condannate in Libia con l'accusa di aver inoculato il virus dell'Hiv a 400 bambini e poi consegnate alla Bulgaria «su richiesta del mio amico il presidente Sarkozy» nel 2007 - furono accolte in patria e dal parlamento europeo «con applausi, in piedi, come fossero degli eroi». «Perchè - si è chiesto il colonnello - allora non abbiamo sentito proteste?». Ma i rapporti italo-libici sono ormai così stretti e corposi da rendere difficile un cambio di programma, anche in considerazione della nota suscettibilità del leader che in questi ultimi anni sembra aver intensificato le sue stranezze. Si tratterà di una visita di poche ore, fa sapere Palazzo Chigi, in pieno Ramadan nel corso della quale il premier dovrebbe cenare con Gheddafi. Ed anche posare la prima pietra di quella faraonica - e costosa - autostrada costiera che tanto sta a cuore al leader e che è diventato il simbolo riparatore del colonialismo italiano in Tripolitania e Cirenaica.