La politica del governo non si fa con le esternazioni leghiste
L’immigrazione, sia quella regolare sia quella clandestina che soprattutto d’estate s’abbatte a sciabordate spesso luttuose sulle coste della nostra Italia, ch’è paese di confine tra civiltà, è un problema di prim’ordine per tutta Europa, anche se spesso lo si dimentica a Bruxelles per ricordarsene solo quando c’è da inviare qualche nota polemica al governo. In quanto problema generale e di lungo periodo, la gestione dei flussi migratori, così come l’equilibrio eternamente precario tra integrazione e ordine sociale, andrebbero affrontati con un adeguato spirito istituzionale. Ma proprio l’Italia, vocata – o condannata – per la sua posizione geografica a essere prima linea delle ondate migratorie, fatica ancora a trovare un alfabeto comune per far fronte a questa che, la si chiami opportunità o la si chiami emergenza, è un punto dell’agenda politica per i prossimi decenni. Non ci siamo mai iscritti su Facebook per giocare a “Rimbalza il clandestino”, né ci auguriamo che migliaia di clandestini invadano piazza San Pietro al posto dei cosacchi, ma neppure coltiviamo quel generico umanitarismo che in nome della fratellanza universale si trasforma in un gigantesco scaricabarile rispetto all’unica, sola, reale urgenza: fare in modo che le nostre frontiere possano essere attraversate solo da chi ha la garanzia di un posto di lavoro e non di un posticino in qualche umido scantinato per accogliere clandestini a far carne di cannone per l’illegalità. L'impressione è, invece, che permanga, indifferente rispetto all'azione del governo – che sta ottenendo in questo campo dei risultati apprezzabili, ma anche legittimamente criticabili – una divisione a fini elettorali tra chi deve gridare all'eterno pericolo dell'invasione d'Italia e chi loda le virtù della mescolanza e del multiculturalismo. È fisiologico che, in un sistema democratico, le forze politiche abbiano visioni e idee differenti rispetto a ciò che accade: vale in economia o nelle riforme istituzionali, vale di più per l'immigrazione, tema che chiama in gioco questioni di politica estera, di diritti umani, di mercato del lavoro, di convivenza e di confronto religioso. Se si considera l'immigrato una risorsa potenziale di arricchimento o se, al contrario, si mettono in primo piano i rischi di conflitto etnico e sociale, è naturale che si producano idee e strategie politiche divergenti. Non è fisiologico che ogni volta si produca uno scontro, questo sì senza confini, che prende a pretesto l'ennesima tragedia del mare per contestare in toto la politica del governo, dal reato di immigrazione clandestina agli accordi bilaterali. Responsabilità, certo, ve ne è, e non poca, in quelle componenti della maggioranza come la Lega Nord che non perdono occasione per alzare e aizzare polemiche di cui si farebbe volentieri a meno, responsabilità parimenti vi è in chi gioca a pensare che la politica del governo si faccia con le dichiarazioni estemporanee di qualche esponente leghista e non nella prassi quotidiana di controlli, respingimenti, presidio del territorio, diplomazia, attività legislativa. Segno di un'immaturità che l'Italia non può più permettersi. Angelo Mellone